E’ primavera, la natura si risveglia e ricominciano le gite fuori porta.
Uno dei luoghi più amati, ad appena dieci km da Bucarest è il Parco Mogosaia, dove paesaggio e storia armoniosamente si combinano. Un vero paradiso per i bambini, con divertimenti e casette sugli alberi. Caffetterie, ristoranti e enormi aree destinate ai picnic. Mi piace sottolineare che “la gratar” (la grigliata) è uno dei passatempi preferiti delle famiglie rumene. E non solo di queste, visto che il PICNIC-IT è ormai diventato un appuntamento annuale in cui, sotto la regia di Ezio, il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, la comunità italiana ama riunirsi per trascorrervi una piacevole giornata sull’erba.
Ma, divertimenti a parte, all’interno di questo splendido parco, si trova il Palazzo Reale, una meta da non perdere.
Fatto costruire agli inizi del ‘700 dal principe di Valacchia, Constantin Brancoveanu, che ha dato origine all’omonimo stile, spesso riproposto in chiese e monasteri, dove gli elementi di architettura islamica e quelli di arte barocca si fondono insieme.
Ma il vero fascino di questo palazzo non è nella sontuosità, di cui, dopo una serie di vicissitudini storiche ne è del tutto privo, ma nella storia della sua più celebre inquilina, Marthe Bibesco.
Questo nome oggi a molti di noi non dice nulla, eppure si tratta di una delle donne più famose e fotografate d’Europa del secolo scorso. Forse, per gli appassionati della letteratura francese il nome Lucile Decaux, pseudonimo dietro il quale si celava, potrebbe risultare più familiare.
Marthe era bella, ricca, affascinante e colta. I suoi scritti, a soli 22 anni le hanno fatto guadagnare riconoscimenti dall’Académie Francaise. Proust li lodò in termini entusiastici. Era la regina incontrastata dei migliori salotti parigini, come il fauburg Saint-Germain, nel quale frequentava, oltre allo stesso Proust, Paul Morand, Valery, George Bernard Shaw, ed altri letterati del tempo. Ma chi era? Era una principessa, ma una principessa triste.
Nasce nel 1886 a Bucarest come Marthe Lucile Lahovari, in una delle famiglie più aristocratiche rumene. Suoi padre, ministro degli Esteri e, spesso in Francia, fa si che i suoi figli crescano in questo paese, motivo per cui solo all’età di 11 anni inizia a parlare la lingua rumena.
A 16 sposa il principe George Valentin Bibesco, diplomatico, aviatore e presidente della Federazione Aeronautica, un matrimonio infelice. Lei stessa in seguito scriverà :”Dare una vergine ad un uomo è come mettere uno Stradivari in mano ad una scimmia”.Nel 1905 suo marito viene nominato da Carol I per una missione diplomatica presso lo Scià di Persia, Mozaffar al-Din. Marthe lo accompagna. A Yalta incontra Maxim Gorky, lì in esilio. Annota le sue impressioni di viaggio e poco dopo pubblica quel bellissimo affresco che è gli “Otto paradisi” (Edizioni Sellerio), un vero gioiello per chi ama la letteratura di viaggi.
Seguiranno molti altri scritti, tra cui Il Pappagallo verde, Al ballo con Proust, Katia ( la storia di Ekaterina Dolgorukova, moglie morganatica dello zar Alessandro II e portata sullo schermo da una giovanissima Romy Schneider).
E poi quello che secondo me è il più bello di tutti “Izvor, il paese dei salici”, uno studio antropologico sull’anima dei contadini rumeni.
Mi sono divertita a cercare sue notizie su Gallica, l’emeroteca francese ed ho trovato molti articoli curiosi sui rotocalchi dell’epoca. Come si vestiva per andare a teatro, gli eventi che organizzava, la sua brillante vita sociale. Fu l’unica “francese” che oltrepassò la Porta di Brandeburgo seduta accanto a Guglielmo di Prussia (diritto riservato solo alla famiglia reale), e oltretutto lo fece nel difficile periodo in cui l’equilibrio tra Francia e Germania era precario a causa della questione dell’Alsazia-Lorena.
Assidua frequentatrice dell’Orient Express, aveva viaggiato negli Usa. Mircea Eliade l’aveva definita, con ragione, “un’europea del futuro”.
Apparentemente una vita invidiabile, ma la realtà era assai diversa. Tutta la sua esistenza fu accompagnata da grandi dolori.
Ricevette in dono dal marito fedifrago il Palazzo di Mogosaia, ed in questo lei investì tutti i suoi averi, diventando il luogo in cui amava ritirarsi per circondarsi dei suoi più cari amici. Marcel Proust, Winston Churchill, Charles De Gaulle, Alfonso XIII di Spagna, sono solo alcuni dei celebri personaggi che vi hanno soggiornato.
Una serie di amori infelici, come quello per l’attachè militare Christopher Birdwood Thomson, morto nel dirigibile R101, disastro ben raccontato nel brano degli Iron Maiden, Empire of the Cloud (una canzone che dura ben 18 minuti).
E poi il comunismo, che la costringe ad abbandonare per sempre la sua amata residenza (requisita dallo Stato), trasferirsi in Francia, e ad allontanarsi per molti anni dalla sua unica figlia Valentine, catturata e messa in carcere col marito Dimitrie Ghika. Potrà riabbracciarli solo nel 1956, all’aeroporto di Londra, grazie all’intervento di Bulganin, premier dell’Unione Sovietica.
Marthe è costretta a lavorare per vivere, e fa quello che le riesce meglio. Collabora con molte riviste di moda, come Vogue, Marie Claire e continua la produzione letteraria, che si concluderà con la sua ultima opera, La Ninfa Europa, dove racconta la storia della sua famiglia.
Muore a Parigi, nel 1973, all’età di 82 anni.
Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula.

Marthe Bibesco nel ritratto di Giovanni Boldini