Palatul Primaverii, la residenza privata di Ceausescu

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Chiamata così perchè situata sul Bulevardul Primaverii, nel ben noto quadrilatero abitato dai più alti membri della nomenclatura, dopo 27 anni è stata aperta al pubblico.

Del perchè in tutto questo tempo sia rimasta chiusa, resta un mistero. Pare fosse destinata ad accogliere delegazioni ufficiali, ma a giudicare dall’aspetto dismesso di questi ultimi anni, si stenta a crederci…

Per visitarla occorre prenotare il tour guidato, in rumeno  o in inglese, e specie nei fine settimana bisogna essere fortunati, i gruppi non possono essere inferiori a 5 persone o superiori a 15. Al momento è una delle attrazioni maggiori, del resto, come non essere curiosi di vedere dove il Conducator trascorreva le serate in famiglia…e che famiglia!

Dall’esterno si fa fatica a credere che vi siano ben 80 stanze, piene di arredamenti preziosi (ma terribilmente kitsch), piscina, giardino d’inverno, Spa. Una ridondante opulenza di cattivo gusto.

Fatta costruire negli anni ’60,  Ceausescu  abitò qui dal 1965 all’1989.

studioLa prima stanza del tour è proprio il suo studio, è qui che si incontrava con il suo consigliere, il generale Mihai Pacepa, prima che questi lo tradisse accettando l’asilo politico offertogli da Carter nel ’78. Ed è qui che ha deciso e firmato di non invadere la Cecoslovacchia.

A seguire, l’appartamento di Valentin, il figlio maggiore, e l’unico ancora in vita. Ha 68 anni, e lavora come fisico nucleare presso l’Istituto di fisica di Magurele.

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colazionePoi si visitano la crama, ovvero la cantina dotata di bar, dove amava ricevere i suoi ospiti, la sala da pranzo e quella della colazione. Non era un gran bevitore ed inoltre era diabetico, motivo per cui la sua alimentazione era piuttosto magra.

Quello a cui non rinunciava erano le serate nella sua sala cinema, dotata di ogni confort ed in cui era solito vedere film western, i suoi preferiti.

cinemaAl primo piano l’appartamento  di Nicu, il figlio minore, che di Bacco, tabacco e Venere aveva fatto uno stile di vita, è morto nel 1996, ufficialmente di cirrosi.  Quando si entra in quello di Zoe, sua sorella, sembra di entrare nelle stanze di Maria Antonietta, un vero spasso.

nicu zoeIl Conducator e sua moglie avevano stanze separate, o meglio c’è quella di Elena, con i suoi lussuosi bagni dai pomelli rivestiti in oro, e quella che all’occorrenza veniva divisa da entrambi i coniugi. Spesso con loro,sui divani, i loro labrador, Corbu e Sarona. In questa camera, nota che trovo davvero di cattivo gusto, piegati, come in una stanza di albergo, ci sono i loro “autentici” pigiami.

coniugiForse è proprio l’abbigliamento quello che colpisce di più in tutta la residenza. Più degli oggetti di pregio come arazzi, tappeti, lampadari, quadri e porcellane, spesso doni di grandi capi di stato come De Gaulle o la Regina Elisabetta.

Vedere i loro abiti, le loro scarpe, le pellicce, messi lì come attrazione per i turisti, da alla visita una nota di tristezza, a tutto c’è un limite.

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Superata la veranda esotica, dove un grande mosaico veneziano raffigura le 4 stagioni, si scende nella Spa. Dotata di sauna, vasca idromassaggio e doccia scozzese, essa ha più l’aria di un sanatorio che di una zona relax. Tocco finale, i loro personali saloni di coiffeur!

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Al termine di tutto il labirinto di stanze si trova l’enorme piscina coperta, sulle cui pareti un monumentale mosaico che per realizzarlo ci sono voluti quasi due anni. Qui, una mostra fotografica racconta le tappe fondamentali della vita di Ceausescu e della sua famiglia.

E’ una visita che merita, è lo specchio della sua megalomania.

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L’ex prigione politica di Jilava

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A pochi chilometri fuori Bucarest si trova uno dei luoghi più temuti durante il periodo comunista: il carcere di Jilava.

Alla fine degli anni ’40, inizio anni ’50, bastava poco per finire nelle umide celle del vecchio forte, restarci per mesi, ammalarsi, morire o venire trasferiti in altri luoghi di detenzione tremendi.
Era come Auschwitz, con l’unica differenza che non uccidevano col gas
Dopo la vittoria del Partito Comunista nel 1946, tutti gli altri partiti vennero messi fuori legge inclusi i loro sostenitori, iniziarono le epurazioni e per costoro, per quelli legati al regime precedente, per militari e intellettuali si aprirono le porte di Jilava.

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Jilava era un vecchio forte costriuto nel 1894 e facente parte di una linea di difesa (18 forti, 18 batterie) che circondava Bucarest con un anello lungo 70 chilometri. Per essere meno visibili al nemico i forti erano stati interrati, tanto che il Forte n.13 di Jilava risulta 6m sotto il livello del mare. L’etimologia del nome la dice lunga žilav/jilav vuol dire umido, le celle della prigione erano sature di umidità. Ancora oggi, quando sale la falda acquifera, colma  per le piogge o lo scioglimento della neve,  Jilava si ritrova sott’acqua.

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Il  forte venne disarmato assieme agli altri alla fine della Prima guerra mondiale, ma era già “tornato utile” nel 1907, dopo la rivolta dei contadini, i primi ad essere rinchiusi in questo luogo.Diventato carcere politico (anche sotto il regime fascista del Gen. Antonescu) venne usato senza interruzione fino agli anni ’70, quando Ceausescu dichiarò al Mondo che non c’erano più prigionieri politici in Romania. Fu riaperto un’ ultima volta durante i giorni della Rivoluzione dell’89, il 21 e il 22 dicembre, quando molti manifestanti furono condotti qui dalla famigerata Securitate.

La Securitate era stata creata nel 1948 per “ proteggere le conquiste democratiche e garantire la sicurezza della Repubblica Popolare Romena contro nemici interni ed esterni”, da quel momento nessuno era stato più al sicuro

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Lo Stato doveva cancellare ogni opposizione e creare il nuovo cittadino fedele al partito. All’inizio dopo gli oppositori politici vennero arrestati industriali, possidenti, aristocratici, imprenditori, commercianti, accusati di sabotaggio se rifiutavano di cedere le proprie attività dopo la nazionalizzazione delle imprese private. Stessa cosa accadde ai contadini dopo la nazionalizzazione delle terre, tra il 1949 e il 1952; in più di 800.000 furono arrestati e 30.000 ritenuti colpevoli finirono nelle prigioni politiche sparse per il Paese. Neanche la Chiesa ortodossa era immune dal sospetto, migliaia di preti furono arrestati, assieme a studenti e professori. Tutte le istituzioni vennero ristrutturate: giuridica, servizi segreti, educazione, religione; chi non seguiva o non era d’accordo col nuovo sistema rischiava l’arresto.

E tutti passavano da Jilava. Lì potevano rimanere a scontare la pena oppure, a seconda della condanna, essere trasferiti in carceri di massima sicurezza, ai lavori forzati nelle miniere o alla costruzione del canale del Danubio.

Per indebolire lo spirito dei “nemici” del regime i “colpevoli” venivano sottoposti a ogni tipo di vessazione: bastonati, minacciati, torturati, chiusi in celle sovraffollate (meno di 1mq a persona), con le finestre chiuse da assi di legno, con un secchio come gabinetto che veniva svuotato solo una volta al giorno e che dovevano usare in pubblico. Per dormire chi era fortunato aveva un letto (a castello) senza materasso o coperte, gli altri si sdraiavano sul pavimento e, dato l’affollamento, quando volevano cambiare posizione dovevano girarsi tutti assieme. Molti si ammalavano e li trovavano morti la mattina. Per bere e lavarsi avevano una tazza d’acqua al giorno, senza sapone e asciugamano, e venivano nutriti con minestre.

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A Jilava ci sono anche le celle di isolamento (izolare) e le due spaventose “celle nere”. Due antri, caverne vere e proprie, con il pavimento in terra battuta. Qui stavano al buio completo, non sapevano neanche chi fossero i loro compagni, tutti vicini perché non sapevano come fosse e quanto grande fosse il posto dove erano rinchiusi, spesso ammanettati dietro la schiena, coi vestiti che si sfaldavano addosso.

Dal 1945 al 1989 più di 2.000.000 di persone furono perseguitate politicamente, 600.000 furono arestate e condannate, 200.000 vennero deportate. Gli anni del terrore furono dal 1948 al ’53, e dal 1958 al ’60; gli anni in cui era al potere tovarasul Gheorghe Gheorghiu Dej. Nessuno direttore di carcere e nessun torturatore è mai stato condannato.

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Oggi il vecchio forte, ex prigione politica, si trova all’interno della struttura carceraria di Jilava. Nell’edificio costruito negli anni ’70 ci sono detenuti comuni, alcuni in regime di semi libertà. Purtroppo per questo motivo non è un luogo visitabile dal pubblico. Facendo la guida ho un canale preferenziale ed è da anni che riesco a portare piccoli gruppi a visitare Jilava. Dovrebbero farne un museo!

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Brasov è una pittoresca cittadina medievale fondata dai cavalieri teutonici nel 1211 e fortificata dai Sassoni.

Le mura che la circondano sono state costruite nel XV secolo, sono alte 12 metri e lunghe 3 km, ed hanno 7 bastioni.

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E’nel cuore della Romania, a 170 km da Bucarest ed è tra i luoghi più frequentati dai turisti. Stando alle statistiche condotte dall’ Eximntur, solo nei primi otto mesi di quest’anno, ne sono arrivati 600.000 , che tradotto in termini economici significa, circa 170 milioni di euro, non male…

Costruita ai piedi del Monte Tampa, raggiungibile in funivia, sulla  vetta spicca il nome della città in caratteri Hollywoodiani.

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La piazza principale, Piata Sfatului, circondata da case in stile rinascimentale e barocche, ospita al centro la Casa Del Consiglio, dalla sua torre con orologio una trombetta annunciava gli eventi cittadini importanti, feste, giostre cavalleresche, cerimonie civili e religiose, tradizione che oggi è stata ripresa.

 

Una  leggenda  associa proprio questa piazza alla nota fiaba dei fratelli Grimm, I bambini di Hamelin, meglio conosciuta come Il pifferaio magico. Una vecchia versione della fiaba narra che i bambini scomparsi dalla città tedesca al seguito del pifferaio fossero poi ricomparsi quì.

bisericaUn rappresentativo monumento del Medioevo è la Chiesa Nera (Biserica Neagra), chiamata così perchè venne incendiata dagli austriaci nel XVII sec, prima di allora, ai tempi della Riforma Luterana si chiamava Santa Maria. Ospita la più completa collezione di tappetti orientali e un organo a 4000 canne.

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Vicino alla chiesa si può percorrere la strada della Fune (Strada Sforii), costruita secoli fa, larga solo 83 cm, pare che sia la più stretta d’Europa.

 

 

 

Nel complesso di San Nicola,si trova la prima scuola rumena (dell XI sec) e la prima tipografia(1500). Qui sono conservati testi importantissimi in Slavone (lingua erudita dell’epoca,un rumeno con caratteri cirillici) donati da personaggi illustri come la figlia di Pietro il Grande. Ho avuto la fortuna di essere accompagnata nella visita da Vasile Olteanu,curatore del museo da 40 anni,e autore di molti libri sull’argomento (parla cinque lingue).Mi ha raccontato di Aldo Moro, che è rimasto ben due ore in questo piccolo museo.E poi di Berlusconi,che ha fatto la stessa visita, ma ha impiegato 10 minuti!

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Una breve sosta va fatta anche al monumento degli eroi del 15 Novembre 1987, data poco conosciuta da noi, ma che ha annunciato l’imminente collasso del sistema comunista.In quei giorni, molti operai stremati dai ritmi di lavoro, dopo aver appreso che il salario avrebbe subito una decurtazione del 30%, dichiararono sciopero e scesero in piazza. Per la prima volta si udirono le parole dell’attuale inno rumeno, Desteapta-te romane, allora proibito.

Implacabili intervennero le forze speciali dell’esercito, arrestando, deportando ed in seguito torturando i manifestanti.

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Dopo il crollo della dittatura, i superstiti, usciti di prigione, ma con ancora i segni delle sofferenze, fondarono l’associazione „15 Novembre 1987”, di cui il presidente onorario è niente di meno che Vladimir Bukovski, noto scrittore e dissidente russo,che denunciò gli abusi commessi negli istituti psichiatrici sovietici nei confronti degli oppositori politici.

Passeggiare per le strade di Brasov è molto piacevole, soprattutto nel periodo natalizio, in cui i mercatini danno un tocco magico a questa cittadina che già di suo sembra uscita dalle fiabe.

provettaI ristoranti e caffetterie hanno quasi tutti un’aria bohemienne, e ne segnalo i due che non si devono assolutamente perdere: il Festival 39, completamente arredato con oggetti d’antiquariato, luci soffuse e soppalco.

E il Dr. Jekelius, è divertente prendere un aperitivo servito in una provetta all’interno di un’antica farmacia.

Un ultimo suggerimento….Ristorante Dei Frati vicino Piata Sfatului, tagliolini al tartufo da urlo!

 

 

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Sighetu Marmatiei e le vittime del comunismo.

memorial“Se la giustizia non riesce ad essere una forma di ricordo, sarà il ricordo ad essere una forma di giustizia”. Sono queste le parole di Ana Blandiana, poetessa romena (tradotta in 23 lingue) e grande sostenitrice dei diritti civili, che insieme al marito Romulus Rusan, si è impegnata a trasformare il penitenziario politico di Sighet in “Memoriale delle vittime del Comunismo e della resistenza”.
Sighet è una cittadina a soli due km dal confine ucraino, e che ha dato i natali al Nobel Elie Wiesel.
Secondo il Consiglio d’Europa, questo Memoriale è una delle principali istituzioni dedicate alla conservazione della storia europea del XX secolo, accanto ad Auschwitz e al Memoriale della Pace di Caen, in Francia.
Qui è stata sterminata, a cavallo degli anni ’50, l’élite politica, religiosa, accademica e militare della Romania, insomma” l’intellighenzia” della nazione, coloro ritenuti pericolosi perchè avevano persone al seguito…
Attraverso un percorso viene illustrata la storia romena dopo l’instaurazione del comunismo:
le elezioni forzate dopo la Conferenza di Yalta, la soppressione di tutti gli altri partiti politici, la creazione della Securitate come organo repressivo, la nazionalizzazione dell’industria, la collettivizzazione dell’agricoltura, la repressione dei culti, delle arti e della letteratura, la resistenza, le rivolte contadine, le deportazioni, il culto della personalità e la “creazione dell’uomo nuovo”.

Il comunismo in Romania ha provocato la morte di 2 milioni di persone. In quei tempi era estremamente semplice essere dichiarato “nemico del popolo”.Qualunque attività svolta poteva essere interpretata come “controrivoluzionaria”, come nella Russia di Stalin in cui tutte le azioni venivano punite in base al temutissimo art. 58. Se c’era bisogno di condannare qualcuno, in questo articolo vi era l’imbarazzo della scelta, e Solzhenitsyn(Arcipelago Gulag), Salamov (i racconti della Kolyma) e Kapuscinski (Imperium) hanno scritto abbondantemente di questo sistema. Spesso e volentieri leggi assurde venivano emanate durante la notte e all’indomani all’alba erano già in vigore. Quello che poche ore prima non era reato, poche ore dopo lo diventava.Come nel caso di Iuliu Maniu, capo del Partito Nazional-Contadino, e di Constantin Bratianu, esponente di quello Liberal Nazionale. Entrambi rinchiusi in questo carcere con l’accusa di “alto tradimento” appena dopo la soppressione degli altri partiti.

La visita si svolge su tre piani, considerando anche il parter che serve da discorso introduttivo alla politica dei gulag e dei lavori forzati. Nei due piani di penitenziario, si visitano circa 50 celle. Di cui qualcuna rimasta come allora, come quella in cui morì Bratianu.

Alcune che servivano per le punizioni, come la cella neagra, ovvero buia, con ancora le catene sul pavimento. In altre vengono illustrati quelli che erano i reati per cui si veniva puniti, ed ancora come era la vita nei penitenziari, alle torture e al già rigido clima invernale spesso si aggiungevano  finestre volutamente rotte…
E l’atteggiamento non cambiava qualora si trattava di donne, sono qui esposti alle pareti i nomi di 4200 di loro, ma il numero reale è infinitamente più grande. E quando capitava di mettere al mondo figli, questi venivano subito strappati loro e chiusi in orfanotrofi. Mi ha colpito il caso di Ioana Voicu Arnăuțoiu, nata nel 1956 da due partigiani (morti entrambi durante la reclusione) e messa in un istituto. Solo nel 1990 ha potuto conoscere la verità.

Una stanza è dedicata ad uno degli episodi più tristi di tutta la storia romena, la deportazione nel Baragan. Nel Giugno del 1951, circa 44 mila persone che vivevano in prossimità del confine con la Jugoslavia, una mescolanza di etnie romene, bulgare, tedesche, serbe e macedoni furono prese e caricate su treni merci. La loro colpa era di essere potenziali sostenitori del “non allineato ” Tito. Dopo un viaggio durato dieci/quattordici giorni furono “scaricati” nel Baragan, in “the middle of nowhere” privi di ogni bene. Si sono trovati ad essere come gli uomini dell’età  della pietra, hanno costruito case di fango e paglia, e si sono arrangiati in ogni modo e sono rimasti per 5 anni in questa landa desolata. Nella stanza sono esposte foto e oggetti di fortuna creati da questa popolazione di deportati…
Quando si esce dal memoriale si va dritti a vedere, “il cimitero dei poveri”, ovvero il luogo in cui sono stati seppelliti i detenuti del carcere, dove un gruppo di statue di bronzo, ricorda i sacrificati.

Nei due km che separano dal cimitero, non si può non riflettere su quello che si è visto, ed è così che sulla strada, mentre dall’altro lato del fiume Tibisco, si intravedono le montagne ucraine il pensiero va inevitabilmente su una sola cosa: il comunismo, a differenza del nazismo, in occidente non è stato condannato abbastanza….