il popolo degli zingari

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Alcune persone li amano, sono affascinati dall’aura di mistero e magia che li circonda; altre li disprezzano, ma questo non sembra turbare i Rrom che da secoli vivono una vita tutta loro.

Căldărari, Ursari, Lăutari, Florari,  sono alcuni dei nomi con cui vengono chiamati gli zingari in Romania. Nomi di vecchi mestieri, alcuni dei quali ancora esistenti, che permettono una vita rispettabile nel XXI secolo, svolgendo professioni che hanno sapore di Medioevo.

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I Căldărari lavorano i metalli (rame, ottone, alluminio) fanno le coperture dei tetti e le pentole. I Florari si occupano della vendita dei fiori, hanno praticamente il monopolio. Gli Ursari, erano domatori  di orsi, li facevano danzare a suon di musica alle fiere di paese. Oggi non ci sono più, ma essendo stati anche dei musicisti sono sopravvissuti nei Lăutari. Non c’è festa, matrimonio, compleanno, battesimo, soprattutto nelle campagne,  senza un gruppo di Lăutari che suoni le Manele, musica popolare con influenze orientali. Il gruppo più famoso anche all’estero, grazie a Johnny Depp, è quello dei Taraf de Haïdouks; in Romania invece, vanno forte Adrian Minune e Florin Salam.

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Tutti sono zingari, o rrom, che nella loro lingua vuole dire “uomo”.

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Appartenevano a un popolo nomade arrivato in Europa al seguito dei Mongoli. La maggior parte degli storici li fa risalire a una tribù del Nord dell’India, la loro lingua (il Romani, e 17 dialetti) ha parole simili al Bengali e al Sanscrito. In Romania sono arrivati agli inizi del 1200,  alcuni di loro hanno mantenuto la vita nomade (Caldarari, Ursari, Gheambaşi…) e pagavano un tributo ai Boiardi (nobili), altri sono diventati sedentari e schiavi. Facevano parte delle proprietà delle famiglie nobili, la loro situazione non era diversa da quella degli schiavi neri in America. Svolgevano tutte le mansioni di casa, badavano agli animali e ai campi, venivano comprati, venduti, puniti e uccisi.

La schiavitù venne abolita nell’Ottocento, ma la libertà non li ha portati lontano. La vita che conducevano ai margini della società li ha relegati a cittadini di seconda categoria. Durante il Comunismo si è cercato di integrarli nella popolazione, avevano casa e lavoro, ma la caduta del regime, il disfacimento dell’apparato statale, la chiusura delle fabbriche e la privatizzazione, li ha riportati al gradino più basso della società.

Non tutti se la cavano male, ma per loro non è facile trovare lavoro. Alcuni sono ricchissimi, vivono in palazzi faraonici e si coprono d’oro; altri vivono in baracche senza luce né acqua corrente.

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Poco amati anche in patria, dove i più si arrabattano per un’ esistenza in povertà, continuano a fare molti figli che spesso, per le precarie condizioni in cui vive la famiglia, vengono affidati agli orfanotrofi. I ragazzi si sposano giovani, di solito sotto i vent’anni. Molti non vanno a scuola e si precludono un possibile futuro migliore. Se trovano lavoro è qualcosa che nessun altro vuol fare: spazzini, uomini di fatica….con paghe molto basse.

Ma c’è anche chi se la cava bene, quelli  che lavorano il legno, i metalli, i muratori, i musicisti o che svolgono altri lavori artigianali. La Romania è legata alle tradizioni, e per questi mestieri c’è ancora spazio. Così come c’è ancora spazio per la vita nomade. Carro e cavalli, il carro diviso in due: nella parte superiore su un materasso viaggia e dorme l’intera famiglia; sotto: utensili, legna da ardere, pentole e catini, qualche volta le galline. Per le vallate della Transilvania, soprattutto d’estate, si vedono passare piccole carovane con uomini, donne, bambini, che sembrano arrivare dalle steppe dell’Asia.

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Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

A settembre si tiene un festival zingaro.

Lipscani

652x450_020919-lipscani23Bucarest cosmopolita, Bucarest superficiale, Bucarest corrotta, veloce, audace, demolita, ricostruita, cadente, polverosa, moderna, e ancora tanti altri aggettivi, tutti veritieri. Spesso chi ci abita si trova a discutere dei molti aspetti di questa città. Si discute sullo stile di vita, sul sistema fiscale (di gran lunga più vantaggioso di quello italiano), sul colore dell’acqua che esce dai rubinetti, sulle possibilità che offre o non offre, e i punti di vista possono essere molto differenti. Ma su una cosa ci si trova tutti d’accordo, quando alla sera si decide di andare a Lipscani, un luogo che placa ogni controversia.Si tratta del centro storico della città, dove intorno alle mura dell’antica corte principesca fatta erigere da Vlad Tepes, si sviluppa un’isola pedonale che non conosce tregua.

Il nome Lipscani viene dato nel 1750, perchè molti dei mercanti venivano da Lipsia a vendere tessuti ed altri prodotti, creando un fulcro commerciale ed artigianale. Ancora oggi le strade portano il nome dei negozi che le caratterizzavano : Blanari (dei pellicciai), Selari (dei sellai), Gabroveni (dei fabbricanti di coltelli), Sepcari (cappellai), Zarafi (dei cambiavalute), Postei (delle Poste).

2012-04-10-hanul-lui-manucQuattro locande (Hanul), ancora esistenti, ospitavano i viandanti, ma di queste solo una ha conservato l’aspetto originario di caravanserraglio, si tratta di Hanul Manuc , con una grande corte che serviva ad ospitare i cavalli con le stanze numerate “a ringhiera”. All’interno si trovano ora un ristorante libanese e Starbucks.

Negli anni del comunismo Lipscani ha subito un forte degrado, nei piani urbanistici del Conducator c’era la demolizione del quartiere in favore delle solite grosse colate di cemento, ma fortunatamente non ne ha avuto il tempo. Pur continuando ad esserci esercizi e magazzini (vuoti), il genere che più andava era la categoria Consignatia, una specie di Banco dei Pegni. Questo tipo di bottega costituiva l’unica possibilità di comprare (previa coda di ore) merce proveniente dall’occidente come jeans, scarpe e cosmetici. Era consuetudine, ricevere, per chi aveva parenti all’estero, i celeberrimi pachete di roba occidentale. Quello che non interessava al destinatario veniva appunto offerto al mercato con questo sistema.Oggi, in questa area, all’alternarsi dei soliti brand di cui l’Europa è piena, continuano ad esserci piccoli negozi antiquari,di souvenir, di abiti da sposa, calzature,ecc. Ma lo shopping non è il motivo per passeggiare a Lipscani.

Qui si viene a respirare il buonumore! Le strade che  si intersecano sono  piene di gente e di locali, e ce n’è per tutti i gusti.

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Dal Caru cu Bere (il ristorante più antico , si deve provare lo stinco), alla pizza più buona di Bucarest, Il Peccato. Dal turco Divan (che offre danza del ventre mentre si cena), al greco Meze per ascoltare il bouzouki.

E ancora pub irlandesi, ristoranti tipici rumeni, sushi,  la Cremeria Emilia (un ottimo gelato al pistacchio), per terminare con i Covrigi (Bretzel) e Gogoasi (pizza fritta), il tipico cibo “da strada”.

lip by nightE la notte? Appena passata la mezzanotte inizia la Lipscani by night. I locali si trasformano in discoteche, e la gente si moltiplica. Vi è l’imbarazzo della scelta, e se si considera che non esiste il biglietto di ingresso, si pagano solo i cocktail (media 5 euro), si fa allora il classico tour che termina alle luci dell’alba.

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Si scende nei  seminterrati come il Beluga, si sale con l’ascensore come al Nomad Sky Bar, o si attraversa  il Pasajul  Macca-Villacrosse (galleria tra due palazzi con tetto in vetro, per avventori di narghilè).

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Insomma, è uno scenario che lascia piacevolmente frastornati e che nessuno si aspetta di trovare a Bucarest, nella “triste Romania”, una Romania che in questo momento storico di crisi per il resto d’Europa, sta andando controcorrente e sta crescendo…

E’questo il motivo per cui dico che fare un giro qui serve al buonumore, è bello vedere  nuove  attività commerciali  che aprono, quando torno in Italia vedo locali che chiudono….

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Un caffè…dai nonni.

Il caffè è sempre un piacere. Per fare due chiacchiere oppure per starsene da soli ad osservare la gente, anche questo è un modo per capire il luogo in cui ci si trova.
Bucarest offre una serie interminabile di caffetterie. Tralascio volutamente il gigante americano che detiene il primato della brodaglia servita alla temperatura di fusione del piombo, e versata in bidoni di carta…Ma che tanto piace ai ragazzi rumeni, come del resto a quelli italiani tanto da essere una delle prime cose che cercano quando vanno all’estero, insieme all’Hard Rock Cafè….

Ogni caffetteria qui ha una sua particolarità, può avere uno stile tutto italiano,come Pascucci, se si ha voglia di vero “vetrino”, scandinavo come Frudisiac,dove si sta tutti intorno  ad  un  grande  tavolo , o  immersi  tra  gli  alberi,  come succede  nel  giardino  dell’ Eden(una foresta). Ma tutti in comune hanno una cosa:ci si siede, per forza! Il concetto del caffè veloce e del bancone lo dobbiamo lasciare in Italia. E’questo il motivo per cui potrebbe inizialmente sembrare caro, visto che può arrivare a costare fino a due euro, (molto se si considera che per un pranzo si spende poco più del doppio, se si opta per il menù del giorno, meniul zilei). Ma se si considera che viene servito al tavolo…scappa anche la mancia.

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Tra tutti, uno dei più suggestivi è il Camera Din Fata, che letteralmente significa “camera anteriore”, ovvero il soggiorno. E’ un ambiente davvero particolare e d’altri tempi.
Si trova in prossimità della Piazza Amzei, una delle piazze più nevralgiche della città. Qui c’è il mercato, della frutta e dei fiori, le poste, una serie di ristoranti e bistrot, pasticceria francese, salumeria catalana, angolo pizza (che non manca mai),farmacie naturiste, supermercati ed altri negozi.
Intorno molti dei palazzi più belli e che raccontano la storia di chi li abitava, come quello di Mita Biciclista, nome dato all’eccentrica Maria Mihăescu, l’unica donna che agli inizi del ‘900 andava in bicicletta, andava al mare in bikini, guidava una coupè, insomma un’anticonformista, in realtà pare facesse anche dell’altro, una vera cortigiana.
Il proprietario della caffetteria ha voluto ricreare l’ambiente in cui era solito vedere i suoi nonni quando lui era bambino. Ovvero il soggiorno in cui il nonno leggeva il giornale e la nonna faceva l’uncinetto, con sul tavolo la fumante tazza di tè o caffè.

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Quindi, mobili d’altri tempi, l’appendiabiti vintage a parete con il portaombrelli, tavoli con alla base vecchie Singer, centrini realizzati all’uncinetto, vecchie foto. Veramente un luogo caldo ed accogliente, dove oltre ad una vasta serie di tè e caffè, vengono proposti dolci semplici, e fatti in casa.Torte di mele o al cioccolato, i classici dolci che facevano le nonne.

tortaAltro dettaglio carino, il menù, stampato come un giornale e messo lì, sul tavolo.
Insomma tutto riporta indietro nel tempo, un tempo non tanto lontano per quelli della mia generazione.
Prima di andarsene è bene fare una visita alla toilette, nulla è stato lasciato al caso, la tavoletta è nera, come quelle di una volta, non se ne vedono più così da almeno trent’ anni.

Le tenute rurali del Principe Carlo

www.ruraltourism.ro è un sito che propone di fare una vacanza diversa in Romania, ovvero nelle case rurali.
Che si decida di andare a visitare i castelli della Transilvania, i monasteri del Maramures o della Bucovina, piuttosto che il grandioso ecosistema del Delta del Danubio, poco importa. Entrare in contatto con la natura ha sempre un suo perchè, e queste accoglienti dimore sparse per tutto il territorio offrono una buona occasione per farlo. Solitamente sono non troppo distanti dai centri urbani, ma nello stesso tempo rappresentano un oasi di pace incontaminata, lontano dai rumori e dall’aria pesante da cui a volte si ha l’esigenza di stare lontani.

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Si tratta di case di campagna, in paesini piccoli, che spesso si sviluppano sui lati di un’unica strada. Hanno un limitato numero di stanze, accoglienti e con servizi, e costano pochissimo! Il prezzo varia dai 50 agli 80 lei al giorno a persona (meno di 20 euro), una piazzola in un campeggio del Gargano costa di piu’, ho appena verificato.

colazioneLa colazione è quella tipica rumena, formaggi, kiftele (polpette), zacusca (buonissima, ma pur sempre una peperonata), uova, oltre a marmellate, ecc. Tutto rigorosamente fatto e prodotto in casa, dato che orto e animali rientrano sovente nel contesto di queste abitazioni.
Molte volte dispongono del famoso carretto rumeno trainato dai cavalli e munito di targa, quello che si vede in quasi tutte le immagini della Romania, perchè non approfittare e fare un giro?
Tutto è molto autentico, soprattutto perchè non è ancora preso d’assalto dai turisti.
Se invece alla dimora semplice si preferisce una tenuta di campagna con un pò piu’ di charme, in Transilvania esistono le tenute di Carlo d’Inghilterra, che amando molto questo paesaggio, ha acquistato egli stesso delle proprietà, e viene in visita qui ogni anno.

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Dal 2000 al 2013 ha presieduto egli stesso la Mihail Eminescu Trust,un’organizzazione nata nel 1987, allo scopo di preservare e restaurare gli antichi villaggi.
Il rischio di questi borghi è sempre stato il deterioramento.
Prima con Ceausescu e la sua mania di sopprimerli in favore di un’industrializzazione forzata a scapito dell’agricoltura e degli antichi mestieri, e dopo con l’esodo post rivoluzione degli abitanti, per lo piu’ di origini sassoni, che tornavano in Germania.
Recentemente il principe ha anche lanciato una campagna per la tutela del patrimonio rurale rumeno, creando la prima fondazione che porta il suo nome fuori dalla Gran Bretagna, Commonwhealth e USA,spiegando in un’intervista il suo attaccamento a questo paese.

viscri-1Le sue tenute si trovano non lontano da Brasov e Sighisoara, e sono gestite dal Conte Kalnoky, che pare abbia legami di sangue con lui.
Una di queste è a Viscri, un villaggio sassone che si sviluppa intorno ad un’imponente chiesa fortificata del 1225, che insieme ad altre, fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Quando i “rumeni”eravamo noi, corsi e ricorsi storici.

emigr Il Vico, attraverso la sua teoria dei Corsi e Ricorsi Storici, attribuiva il ripetersi degli avvenimenti al disegno Divino. Un’ipotesi  piu’ pragmatica si basa sulle crisi economiche, ma fatto è che il fenomeno migratorio che stiamo vivendo in Italia, sulla nostra pelle, altri non è che il contrario di qualcosa già avvenuta in passato, quando quelli che “partivano”per la Romania, eravamo noi.

Non dimentichiamo che nell’ 800 una porzione dell’Italia settentrionale faceva parte dell’impero Austriaco, come del resto anche una buona parte della Romania. Insomma in quell’epoca emigrare da Venezia a Brasov era un po’ come farlo da Reggio Calabria a Torino. E lo stato asburgico era ben interessato a trarre profitto dalle risorse offerte dalle sue provincie, motivo per cui favoriva lo spostamento di questa gente.

Anche dopo l’Unità d’Italia il fenomeno migratorio continuò verso questo paese, che all’epoca offriva molto lavoro nel settore dell’edilizia, nella costruzione di ponti e ferrovie, e nelle miniere.La Romania del periodo interbellico si presentava come un allettante crogiolo multiculturale e multietnico, e in quegli anni gli emigranti italiani raggiunsero il massimo storico, circa 60 000. Un numero così elevato di macaronari (così venivamo chiamati)non poteva vantare solo la crème de la crème, si trattava di gente semplice, ignoranti, lo stesso Mussolini tratteneva gli operai specializzati dentro il confine dando il permesso solo a quelli meno qualificati.

E ovviamente tra tutti si annidavano persone violente, gentaglia. E allo scadere del permesso di soggiorno molti restavano, diventando appunto, clandestini, e creando parecchi problemi.

seniseCarmine Senise, uno dei partecipanti alla congiura del 25 luglio, l’ uomo che propose di fare arrestare Mussolini a Villa Savoia, fu anche il capo della polizia che stigmatizzò il comportamento dei connazionali: “La legazione in Bucarest segnala che alcuni connazionali, giunti in Romania a titolo temporaneo, non lasciano il Paese alla scadenza del loro permesso di soggiorno provocando inconvenienti con le autorità di polizia romene anche per il contegno non sempre esemplare da loro tenuto e per l’attività non completamente chiara dai predetti svolta”. La situazione lo preoccupava non poco: “Stante il crescente afflusso di connazionali in Romania si dispone che le richieste di espatrio colà vengano vagliate con particolare severità per quanto riguarda in special modo la condotta morale o politica degli interessati ed i motivi addotti, inoltrando a questo Ministero, Ufficio Passaporti, soltanto quelle che rivestano carattere di assoluta e inderogabile necessità”.

Ma non sono mancati quelli che hanno onorato la nostra nazionalità.

Molti dei palazzi di Bucarest sono stati realizzati per mano dei mastri architetti e decoratori italiani, come nel caso dei due fratelli Pietro e Giovanni Axerio, partiti da Rima, ai piedi del Monte Rosa e con la loro tecnica del marmo artificiale sono stati realizzati molti degli edifici piu’ belli , come il Palazzo Reale, l’Ateneo, Cotroceni (ora residenza del Presidente) e ancora il Castello di Sinaia e tanti altri.

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Ma nel ’47, nella neonata Repubblica Popolare Rumena, gli italiani divennero degli estranei, e per lo piu’ indesiderati. Non esisteva piu’la proprietà privata essendo state nazionalizzate anche le piccole attività artigianali e commerciali. Il cambio monetario”dalla sera alla mattina”, mise in ginocchio anche quelli che per lunghi anni avevano risparmiato.

In molti fecero rientro in patria. Chi decise di rimanere dovette consegnare il passaporto e “rumenizzare” il cognome.

Molti tra coloro rimasti si sono affermati come registi, attori, compositori, medici, scrittori e linguisti.

Spero in futuro di poter dedicare una categoria proprio a questi italiani, quasi sconosciuti in patria ma che qui hanno fatto molto.