Il museo del Kitsch di Bucarest

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“Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare…”, è questo che deve aver pensato Cristian Lica tanto da essere spinto ad aprire il Museo del Kitsch in Strada Covaci, nel cuore di Bucarest.
Per venti anni ha raccolto oggetti di dubbio gusto in giro per la Romania ed ora sono lì a raccontarci un pezzo di storia e di folklore di questa terra.
Ad iniziare con la paccottiglia di Dracula, un vero business per i commercianti, visto che dall’altro lato i turisti continuano (ahimè) a farne incetta…
Segue il kitsch religioso, dove a vedere un tappeto con l’immagine dell’ultima cena, o un crocifisso a led ci si chiede se Umberto Eco sarebbe stato ancora capace di definire queste cose “opere d’arte riuscite male” .

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Il kitsch comunista, con una serie di oggetti sulla propaganda, slogan, testate giornalistiche e altra roba con cui il popolo rumeno ha dovuto convivere per anni, motivo per cui ai locali viene simpaticamente offerta una riduzione sul biglietto.
Animali impagliati ed altri articoli di arredamento che fanno sorridere, qualcuno di essi era anche nelle nostre case, ora con generosità li chiamiamo “vintage”, ma a dire il vero erano brutti anche allora.

 

 

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Il Kitsch zingaro, con le loro ostentazioni, i loro palazzi, che qui si chiamano Kastellos, i cui tetti ricordano le pagode, e dove dentro si può trovare di tutto, dalle maniglie d’oro alle belve feroci in gabbia.
Ma la genialità di Cristian Lica è stata voler scherzare e mostrare ai turisti ( molti giornali stranieri hanno parlato di questo museo) un aspetto della Romania, che davvero fa sorridere. Ogni paese ha una sua tipologia di genere umano le cui caratterizzazioni hanno fatto la fortuna di molti personaggi televisivi.

 

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Regalo di nozze!

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Festeggiamento di un battesimo, arriva la limousine con a bordo la bambina e le madrine.

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Quella rumena è data da Pițipoanca  e Cocalar. Ma chi sono?
piti (2)La  Pițipoanca è facilmente riconoscibile dalle ciglia finte, la cui lunghezza provoca un vero spostamento d’aria, dall’abbigliamento molto appariscente e dall’altezza dei trampoli. La foggia è sempre la stessa, sul ghiaccio in inverno e in piscina d’estate. Si può avvistare ovunque, il suo habitat naturale è la discoteca, ma di solito caccia anche in territori aperti. E’ possibile avvistarla in branchi, nelle toilette dei club, il trucco, di vitale importanza per la sopravvivenza della specie, richiede un impegno costante. Ama farsi fotografare, e se non lo fanno gli altri lo fa da sè, immortalandosi in selfie che poi mette in rete e che dopo una serie di giri è facile che vadano a finire…nel museo del Kitsch!
cocalar (2)Compagno ideale della Pițipoanca  è il Cocalar. Facilmente riconoscibile dalla macchina e dalla pancia, entrambe di grossa cilindrata. Il cocalar ha sempre con sè ingenti somme di danaro, solitamente contanti e voluminosi, che ama mostrare e sventolare.
Camicia semi aperta, collana ed occhiali scuri, tutto rigorosamente griffato.
Avanza solitamente a ritmo di Manele, genere di musica melodica (bandito dagli intellettuali) che ha come rappresentante Florin Salam.
Al pari di un lama peruviano ama sputare, sementi o materiale organico…motivo per cui è bene se capita di incontrarne uno, tenersene ad una distanza di sicurezza.
Ecco un video molto esplicativo su come diventare uno di loro.
Ovviamente abbiamo scherzato nel presentarli così, ogni paese ha la sua “fauna locale”!
La visita termina con una sequenza fotografica che appare su uno schermo, dove l’ideatore del museo si è divertito a mostrare una serie di situazioni e personaggi, in cui il kitsch diventa vero e proprio trash. Immagini per nulla estranee per chi vive da queste parti.

Termino con queste due foto, si tratta di automobili moldave, e non rumene, per sottolineare ancora una volta che il cattivo gusto è in agguato anche oltre confine.

La prima è completamente ricoperta di strass, l’altra è una limousine (Chrysler pt Cruiser) spesso usata per i matrimoni. What else?

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Palatul Primaverii, la residenza privata di Ceausescu

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Chiamata così perchè situata sul Bulevardul Primaverii, nel ben noto quadrilatero abitato dai più alti membri della nomenclatura, dopo 27 anni è stata aperta al pubblico.

Del perchè in tutto questo tempo sia rimasta chiusa, resta un mistero. Pare fosse destinata ad accogliere delegazioni ufficiali, ma a giudicare dall’aspetto dismesso di questi ultimi anni, si stenta a crederci…

Per visitarla occorre prenotare il tour guidato, in rumeno  o in inglese, e specie nei fine settimana bisogna essere fortunati, i gruppi non possono essere inferiori a 5 persone o superiori a 15. Al momento è una delle attrazioni maggiori, del resto, come non essere curiosi di vedere dove il Conducator trascorreva le serate in famiglia…e che famiglia!

Dall’esterno si fa fatica a credere che vi siano ben 80 stanze, piene di arredamenti preziosi (ma terribilmente kitsch), piscina, giardino d’inverno, Spa. Una ridondante opulenza di cattivo gusto.

Fatta costruire negli anni ’60,  Ceausescu  abitò qui dal 1965 all’1989.

studioLa prima stanza del tour è proprio il suo studio, è qui che si incontrava con il suo consigliere, il generale Mihai Pacepa, prima che questi lo tradisse accettando l’asilo politico offertogli da Carter nel ’78. Ed è qui che ha deciso e firmato di non invadere la Cecoslovacchia.

A seguire, l’appartamento di Valentin, il figlio maggiore, e l’unico ancora in vita. Ha 68 anni, e lavora come fisico nucleare presso l’Istituto di fisica di Magurele.

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colazionePoi si visitano la crama, ovvero la cantina dotata di bar, dove amava ricevere i suoi ospiti, la sala da pranzo e quella della colazione. Non era un gran bevitore ed inoltre era diabetico, motivo per cui la sua alimentazione era piuttosto magra.

Quello a cui non rinunciava erano le serate nella sua sala cinema, dotata di ogni confort ed in cui era solito vedere film western, i suoi preferiti.

cinemaAl primo piano l’appartamento  di Nicu, il figlio minore, che di Bacco, tabacco e Venere aveva fatto uno stile di vita, è morto nel 1996, ufficialmente di cirrosi.  Quando si entra in quello di Zoe, sua sorella, sembra di entrare nelle stanze di Maria Antonietta, un vero spasso.

nicu zoeIl Conducator e sua moglie avevano stanze separate, o meglio c’è quella di Elena, con i suoi lussuosi bagni dai pomelli rivestiti in oro, e quella che all’occorrenza veniva divisa da entrambi i coniugi. Spesso con loro,sui divani, i loro labrador, Corbu e Sarona. In questa camera, nota che trovo davvero di cattivo gusto, piegati, come in una stanza di albergo, ci sono i loro “autentici” pigiami.

coniugiForse è proprio l’abbigliamento quello che colpisce di più in tutta la residenza. Più degli oggetti di pregio come arazzi, tappeti, lampadari, quadri e porcellane, spesso doni di grandi capi di stato come De Gaulle o la Regina Elisabetta.

Vedere i loro abiti, le loro scarpe, le pellicce, messi lì come attrazione per i turisti, da alla visita una nota di tristezza, a tutto c’è un limite.

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Superata la veranda esotica, dove un grande mosaico veneziano raffigura le 4 stagioni, si scende nella Spa. Dotata di sauna, vasca idromassaggio e doccia scozzese, essa ha più l’aria di un sanatorio che di una zona relax. Tocco finale, i loro personali saloni di coiffeur!

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Al termine di tutto il labirinto di stanze si trova l’enorme piscina coperta, sulle cui pareti un monumentale mosaico che per realizzarlo ci sono voluti quasi due anni. Qui, una mostra fotografica racconta le tappe fondamentali della vita di Ceausescu e della sua famiglia.

E’ una visita che merita, è lo specchio della sua megalomania.

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Tutti al mare

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Dal delta del Danubio al confine con la Bulgaria si estendono ben 244 km di spiagge affacciate sul mar Nero.

caelia mamaiaLa località balneare più gettonata, stazione di vita mondana, baricentro degli eventi più importanti, delle discoteche più alla moda e degli hotel a 5 stelle è Mamaia.

In perfetto stile Ibiza, una musica ritmata e sparata a tutto volume accompagna i bagnanti fin dalla mattina. Mentre i nottambuli riposano dopo una notte di follie, le famiglie si sistemano sotto gli ombrelloni e sembrano non accorgersi dei potenti watt.

fratelli-beach-and-club-mamaia-104Insomma è uno di quei luoghi dove, chi è amante del relax è bene se ne stia alla larga, è come stare seduti con un libro vicino ad un martello pneumatico. Tra gli eventi dell’estate il Sunwaves Festival, vera e propria Mecca per gli amanti della techno. Con DJ che arrivano da  tutto il mondo, qui l’anno scorso un italiano, Marco Carola, ha dato il meglio di sé per 24 ore di seguito…

Appena sotto Costanza si trova  Eforie (nord e sud), qui, accanto alla stazione termale, nel 1899 venne aperto il primo hotel della costa. Luogo ideale dove dedicarsi alla vita da spiaggia e alla cura del corpo con bagni di fango, ed altri trattamenti.

La meta successiva e’ Costineşti, piccolo villaggio di pescatori trasformato in epoca comunista in un centro di villeggiatura per i giovani romeni. Da qui, a partire dagli anni ’60, trasmetteva Radio Vacanţă, unica finestra aperta sul mondo della musica straniera e creata dal regime per pubblicizzare il litorale romeno. I programmi erano in 5 lingue diverse: romeno, inglese, tedesco, francese e russo. Costineşti era il posto “in”, la Mamaia del tempo, si tenevano concerti rock, festival cinematografici, competizioni sportive, c’erano discoteche riservate agli stranieri il cui ingresso si pagava in “valuta” e le ragazze potevano partecipare al concorso di Miss.

Scendendo lungo la costa del Ponto Eusino (il mar Nero degli antichi Greci) ci si ritrova d’un tratto tra gli dei dell’Olimpo. Olimp, Neptun, Jupiter , Venus e Saturn, uno dopo l’altro queste località rappresentano al meglio l’architettura delle strutture ricettive dei tempi della Cortina di ferro. Come in un set cinematografico, tutto è in perfetto stile d’epoca. Enormi blocchi di cemento dai colori pastello, e interni con mobili anni ’70.

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Ville per l’elite comunista, le cosiddette de protocol,  volute da Ceausescu, destinate alla nomenclatura, le stesse che hanno ospitato capi di Stato come Gerald Ford, sono oggi disponibili (per 200/300 euro a notte) ad essere affittate da nostalgici o curiosi.

Un salto in un’ atmosfera retrò che merita di essere fatto prima  che scompaia schiacciata da più nuovi complessi turistici.

Plaja-Vama-VecheE finalmente si arriva a Vama Veche, il punto piu a sud, la Vecchia Dogana, al confine con la Bulgaria. Alternativa fricchettona a Mamaia, é l’ultima frontiera Hippy nel vero senso della parola. Da sempre sinonimo di libertà, qui tutto é lecito: dormire sulla spiaggia accanto ai falò, accamparsi con le tende, ascoltare musica fino all alba, ballare sotto la luna, e fare il bagno nudi.

1-mai-vama-veche-11Rave parties, concerti, litri di birra, ristoranti aperti non stop e amori che sbocciano dopo una notte di baldoria. A Vama Veche non si può andare a dormire senza aver visto l’alba. Emozionante. Quando i primi raggi  spuntano dalle acque del mar Nero, partono ad alto volume le note del Bolero di Ravel che, diffondendosi per tutta la baia, accompagnano in crescendo la spettacolare levata del sole, da non perdere. Chiaramente non è un luogo per famiglie!

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Qui finisce la Romania. Ma visto che siamo al confine, vale la pena fare un salto dall’altra parte, in Bulgaria. A soli 20 minuti si trova lo spettacolare promontorio di Kaliakra…la cui vista, come in questa foto, lascia senza fiato.

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Il Castello dei Corvino di Hunedoara

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Le Terme di Bucarest, diamo i numeri!

thermeInaugurato appena un mese fa,a soli 15 km da Bucarest, e a 5 dall’aeroporto, si trova il centro termale più grande d’Europa,su una superficie di 250.000 mq. Un investimento di ben 50 milioni di Euro!Un’avveniristica struttura interamente di vetro di 30.000 mq di cui 3000 di piscine.Ci si arriva in macchina ,  taxi, oppure col servizio navetta.

Divisa in tre zone, Galaxy, The Palm ed Elysium è una vera fabbrica del relax, ma non è questo che mi ha colpita, me lo aspettavo. Quello che invece mi ha davvero sorpresa è stata la tecnologia e la cura nei dettagli.

E si vede già dall’entrata. Dopo aver pagato il biglietto d’ingresso che varia da un minimo di 39 lei (9 euro) ad un massimo di 89 (20), a seconda delle zone e del tempo, viene dato una specie di braccialetto dotato di chip, con stampato un numero di 4 cifre che corrisponde al proprio armadietto.

armad (2)Se necessario, sono disponibili armadietti con spine, o Qi, la tecnica che permette di ricaricare il cellulare col sistema ad induzione elettromagnetica.

Con questo dispositivo al polso, passato sui led, è possibile passare da un settore all’altro, o pagare gli extra (massaggi, cibo, bevande)…come sulle navi da crociera!

Un sistema di ventilazione impedisce che tutti i vetri della struttura (saune comprese) possano appannarsi. Altre ventilazioni si trovano negli armadietti, ed altri intorno alle piscine, per appendere i teli, in modo da essere sempre asciutti.

Le docce, obbligatorie prima di entrare in piscina, sono di marmo di ardesia proveniente dal Brasile.

La zona Galaxy è l’unica in cui hanno accesso anche i bambini, motivo per cui è la più frequentata. Sulle pareti, stampate ad alta risoluzione, le immagini catturate dal telescopio spaziale Hubble.

toboga (2)Qui oltre numerosi toboga (1,3 km) è presente una piscina di 560 mq, in cui si alternano 6 tipi di onde, così da simulare 6 mari diversi.

Proprio qui sotto si trova il pozzo che alimenta il centro termale, trovato ad una profondità di 3100 m (come la Calea Victorei). Pare che in realtà stessero perforando alla ricerca di idrocarburi…

Qui l’acqua, trattata con ozono purificato (niente odore di cloro), viene cambiata ogni 4 ore. Chiedo lumi. Mi dicono che in profondità essa è di 85 gradi, quindi per una questione di risparmio energetico, si preferisce portare su acqua calda piuttosto che riscaldarla in loco. Quella eliminata finisce nei laghetti esterni e in alcuni impianti di depurazione. Geniale!

touch toboga (2)Un piccolo touch screen all’interno dei toboga permette di scegliere le luci e la musica che si desiderano nel tunnel al momento della discesa.

Nella zona The Palm, si è immersi in un enorme palmeto, con centinaia e centinaia di orchidee, la temperatura ricorda quella delle serate estive. Al calar del buio l’atmosfera cambia totalmente, un sistema di 4000 m di cavi assicura migliaia di piccoli punti luce con un effetto bellissimo.

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Qui una piscina centrale permette l’accesso all’esterno attraverso una porta girevole. Fuori, Jacuzzi e docce a spruzzi caldi si alternano. E’ possibile stare immersi nell’acqua sdraiandosi su superfici da cui escono getti di acqua calda, piacevolissimo, specie di notte, sotto le stelle.

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Nell’Elysium, si trovano le saune, con temperature diverse e tutte a tema. L’Himalaya ha le pareti di sale rosa, Alhambra in stile moresco, Hollywood con sala cinema (proiezioni di corti da 7 minuti), Provence con aromaterapia, ecc.

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E dopo la sauna? Una bella doccia fredda nella stanza chiamata Calle.

Due sono i ristoranti, uno à la carte e l’altro self service. Quest’ultimo offre una bella varietà di menù a prezzi più che contenuti. Un esempio? 19,90 lei (5 euro) per un pollo tandoori e riso basmati e 6,9 lei (meno di 2 euro) per un bicchiere di vino…

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Come sempre, in questi luoghi le foto sono poco esplicative. Consiglio di guardare questo video, dove oltre ad avere un meraviglioso colpo d’occhio, si assiste ad un evento simpatico. L’orchestra sinfonica di Bucarest, a sorpresa, in accappatoio e bermuda, si è esibita offrendo un breve concerto ai bagnanti….

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Gli “zampognari” romeni, tradizioni natalizie.

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Si sentono arrivare da lontano per il fracasso di tamburi, bastoni, campane e fischietti, avanzano danzando in gruppo, alcuni travestiti da orsi, altri suonando, altri battendo il suolo coi bastoni.

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Eseguono una danza ancestrale che ha origine dal culto geto-dacico dell’orso, considerato un animale sacro perché legato ai ritmi della natura. L’orso che va in letargo in inverno (ed è capace di vincere il freddo) e si risveglia a primavera rappresenta il ciclo delle stagioni, la morte e la rinascita, l’arrivo di un anno nuovo.  E’ anche dotato della virtù di allontanare il male e di guarire.

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Jocul ursului, o dansul ursului, si celebra soprattutto in Bucovina, dove assume le dimensioni di una festa di paese, ma anche a Bucarest è facile vederlo e gli spettatori ricambiano i danzatori con una piccola offerta in denaro, grappa, vino o cibo.

Gli uomini travestiti da orso (un tempo erano veri orsi  ammaestrati) danzano, simulando la vita libera che hanno in natura, le loro pelli sono adornate di nappe rosse e borchie,  sono preceduti da un “capitano”, un domatore d’orsi, e accompagnati dai suonatori di tamburi e da coloro che battono il terreno con lunghi bastoni, lo scopo è quello di sprigionare il calore che si cela sotto terra e farlo uscire per rendere la terra più fertile per la primavera che verrà.

Buon anno!

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L’ex prigione politica di Jilava

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A pochi chilometri fuori Bucarest si trova uno dei luoghi più temuti durante il periodo comunista: il carcere di Jilava.

Alla fine degli anni ’40, inizio anni ’50, bastava poco per finire nelle umide celle del vecchio forte, restarci per mesi, ammalarsi, morire o venire trasferiti in altri luoghi di detenzione tremendi.
Era come Auschwitz, con l’unica differenza che non uccidevano col gas
Dopo la vittoria del Partito Comunista nel 1946, tutti gli altri partiti vennero messi fuori legge inclusi i loro sostenitori, iniziarono le epurazioni e per costoro, per quelli legati al regime precedente, per militari e intellettuali si aprirono le porte di Jilava.

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Jilava era un vecchio forte costriuto nel 1894 e facente parte di una linea di difesa (18 forti, 18 batterie) che circondava Bucarest con un anello lungo 70 chilometri. Per essere meno visibili al nemico i forti erano stati interrati, tanto che il Forte n.13 di Jilava risulta 6m sotto il livello del mare. L’etimologia del nome la dice lunga žilav/jilav vuol dire umido, le celle della prigione erano sature di umidità. Ancora oggi, quando sale la falda acquifera, colma  per le piogge o lo scioglimento della neve,  Jilava si ritrova sott’acqua.

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Il  forte venne disarmato assieme agli altri alla fine della Prima guerra mondiale, ma era già “tornato utile” nel 1907, dopo la rivolta dei contadini, i primi ad essere rinchiusi in questo luogo.Diventato carcere politico (anche sotto il regime fascista del Gen. Antonescu) venne usato senza interruzione fino agli anni ’70, quando Ceausescu dichiarò al Mondo che non c’erano più prigionieri politici in Romania. Fu riaperto un’ ultima volta durante i giorni della Rivoluzione dell’89, il 21 e il 22 dicembre, quando molti manifestanti furono condotti qui dalla famigerata Securitate.

La Securitate era stata creata nel 1948 per “ proteggere le conquiste democratiche e garantire la sicurezza della Repubblica Popolare Romena contro nemici interni ed esterni”, da quel momento nessuno era stato più al sicuro

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Lo Stato doveva cancellare ogni opposizione e creare il nuovo cittadino fedele al partito. All’inizio dopo gli oppositori politici vennero arrestati industriali, possidenti, aristocratici, imprenditori, commercianti, accusati di sabotaggio se rifiutavano di cedere le proprie attività dopo la nazionalizzazione delle imprese private. Stessa cosa accadde ai contadini dopo la nazionalizzazione delle terre, tra il 1949 e il 1952; in più di 800.000 furono arrestati e 30.000 ritenuti colpevoli finirono nelle prigioni politiche sparse per il Paese. Neanche la Chiesa ortodossa era immune dal sospetto, migliaia di preti furono arrestati, assieme a studenti e professori. Tutte le istituzioni vennero ristrutturate: giuridica, servizi segreti, educazione, religione; chi non seguiva o non era d’accordo col nuovo sistema rischiava l’arresto.

E tutti passavano da Jilava. Lì potevano rimanere a scontare la pena oppure, a seconda della condanna, essere trasferiti in carceri di massima sicurezza, ai lavori forzati nelle miniere o alla costruzione del canale del Danubio.

Per indebolire lo spirito dei “nemici” del regime i “colpevoli” venivano sottoposti a ogni tipo di vessazione: bastonati, minacciati, torturati, chiusi in celle sovraffollate (meno di 1mq a persona), con le finestre chiuse da assi di legno, con un secchio come gabinetto che veniva svuotato solo una volta al giorno e che dovevano usare in pubblico. Per dormire chi era fortunato aveva un letto (a castello) senza materasso o coperte, gli altri si sdraiavano sul pavimento e, dato l’affollamento, quando volevano cambiare posizione dovevano girarsi tutti assieme. Molti si ammalavano e li trovavano morti la mattina. Per bere e lavarsi avevano una tazza d’acqua al giorno, senza sapone e asciugamano, e venivano nutriti con minestre.

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A Jilava ci sono anche le celle di isolamento (izolare) e le due spaventose “celle nere”. Due antri, caverne vere e proprie, con il pavimento in terra battuta. Qui stavano al buio completo, non sapevano neanche chi fossero i loro compagni, tutti vicini perché non sapevano come fosse e quanto grande fosse il posto dove erano rinchiusi, spesso ammanettati dietro la schiena, coi vestiti che si sfaldavano addosso.

Dal 1945 al 1989 più di 2.000.000 di persone furono perseguitate politicamente, 600.000 furono arestate e condannate, 200.000 vennero deportate. Gli anni del terrore furono dal 1948 al ’53, e dal 1958 al ’60; gli anni in cui era al potere tovarasul Gheorghe Gheorghiu Dej. Nessuno direttore di carcere e nessun torturatore è mai stato condannato.

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Oggi il vecchio forte, ex prigione politica, si trova all’interno della struttura carceraria di Jilava. Nell’edificio costruito negli anni ’70 ci sono detenuti comuni, alcuni in regime di semi libertà. Purtroppo per questo motivo non è un luogo visitabile dal pubblico. Facendo la guida ho un canale preferenziale ed è da anni che riesco a portare piccoli gruppi a visitare Jilava. Dovrebbero farne un museo!

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Sibiu, dove i tetti strizzano l’occhio alla Merkel

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Sibiu ( Hermannstadt), nell’omonimo distretto, conosciuto come la porta sud della Transilvania, merita una visita, e non solo per apprezzarla turisticamente, ma per il suo aspetto socio-culturale.

Fondata nel 1190, dai coloni della Renania,su un probabile castro romano, fin dall’antichità si è sempre affermata come importante centro commerciale, economico e culturale. Tradizioni perpetuate anche  in seguito e che hanno fatto si che  fosse designata Capitale Europea della Cultura nel 2007.

johannis Klaus Johannis, rumeno di origini tedesche,per ben 14 anni ne è stato il sindaco,lasciando una significativa impronta, dal 2000 al 2014. Poi ha abbandonato l’incarico per ricoprirne uno ben più importante, ora è Presidente della Romania. Ma come lui stesso ama ironicamente ricordare, in realtà non ha vinto le elezioni, è stato il suo avversario (Victor Ponta) che ha perso!

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Ho volutamente  sottolineato questo aspetto, perchè  Sibiu, più delle altre  cittadine  di origini sassoni, sono sette in tutto, è la più teutonica di tutte, lo si percepisce subito, e non è solo una questione di urbanistica e stile architettonico. Le scritte”deutsches”sono dappertutto, è a tutti gli effetti la seconda lingua. Vi sono ben due librerie tedesche..

Un aeroporto internazionale collega la città quasi esclusivamente con la Germania e con la sua sorella minore, l’Austria, motivo per cui vi è una forte presenza di tedeschi, sia per turismo, sia per affari. Lo stesso Johannis sta prendendo accordi per incrementare l’industria, soprattutto quella automobilistica, e a questo scopo sta promuovendo indirizzi scolastici compatibili con le nuove esigenze. Venire a produrre in Romania offre vantaggi ad entrambi.

Di conseguenza, Sibiu rappresenta un modello, che sia positivo o no, dipende dai punti di vista, certo è che è diversa dalle altre città rumene.

I locali sono più sobri, la musica ha un volume contenuto, si vedono meno tacchi e non ha una gran vita notturna. Sappiamo tutti che i tedeschi non amano fare tardi e che, all’alba, sono pronti (qui senza alpenstock, non siamo in montagna) ad esclamare “guten morgen!” davanti ad un piatto di cremwurstel servito a colazione…

Divisa tra città bassa e città alta, collegate dal ponte “delle bugie”, nome dato perchè pare che proprio in questo luogo i cadetti erano soliti fare promesse alle fanciulle…

 

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Nella parte alta, il centro si sviluppa intorno  a due piazze, una piccola (Mica) e l’altra grande (Mare). Quest’ultima circondata da splendidi palazzi come il Brukenthal, sede di uno dei musei più antichi dell’Europa centrale, aperto al pubblico dal 1817. Quì si trova la grande raccolta di opere del barone Samuel Von Brukenthal, che al servizio di Maria Teresa d’Austria, ha trascorso una vita a collezionare capolavori, tra cui pittori fiamminghi, Tiziano, Van Eyck, i Bruegel, ecc.

Accanto, la Primaria, uno splendido edificio in art nouveau, ex banca, e dal 2006 sede del Municipio.A seguire la Torre del Consiglio, una delle torri di difese facente parte di una delle cinte murarie di fortificazione.

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Attraverso questa, mediante una galleria (di cui Sibiu è piena) si accede alla Piazza Mica. Quì è possibile visitare il primo laboratorio omeopatico del mondo, creato proprio da Samuel Hahnemann, che in questo luogo ha vissuto due anni, al seguito di Brukenthal.

Sotto uno dei palazzi di questa piazzetta è bene fare una piccola pausa caffè nella libreria Habitus, un gioiellino.

A due passi da qui la grande cattedrale Evangelica, del XIV secolo, con la sua imponente torre di 73 metri.

Ma la cosa più suggestiva di Sibiu sono i tetti, hanno una particolarità unica, osservano! E’ un sistema di lucernai destinati all’aerazione delle case, ma la forma è proprio quella di un occhio, e la sensazione è proprio quella di..essere osservati.

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Nei secoli questi occhi ne hanno viste di tutti i colori, soprattutto quelli dei palazzi in piazza Mare, dai roghi delle streghe alle esecuzioni con la ghigliottina. Per fortuna ora gli spettacoli a cui assistono sono qualitativamente e culturalmente superiori. Proprio in questo slargo vengono proposte le manifestazioni più belle, come il Festival Internazionale del Teatro, a Giugno, che propone artisti di gran fama. Quest’anno anche l’Italia è stata rappresentata con la Carmen tutta napoletana di Mario Martone ed impersonata da Iaia Forte.

Altra importante manifestazione che si tiene qui è il Festival Jazz, che ha una storia curiosa. E’ nato nei primi anni 70 (come quello di Montreux, incredibile!), in pieno regime comunista. Questa cosa mi è sembrata subito strana, ma poi ho letto che in realtà il jazz era una delle passioni di Nicu Ceausescu (forse la più sana), e fino all’89 ne è stato il più grande finanziatore ed organizzatore.

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Senza saperlo Stefania ed io siamo state lo stesso giorno a Curtea de Arges. Curioso. Purtoppo non ci siamo incontrate, io venivo da nord-est, lei da sud.

Dopo aver passato il fine settimana a casa di un’amica Tedesca a Pestera, uno di miei posti preferiti, con un panorama che ogni volta mi sento in obbligo di fotografare, siamo partite in tre alla volta di Horezu.

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Lungo la strada abbiamo deciso di fermarci a Campolung, dove si trova l’epigrafe più antica della Romania (1300) sul sarcofago di Lorenzo da Lungo Campo, un cavaliere forse di origini italiane, e a Curtea de Arges.

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Lì abbiamo visitato le stesse due chiese di Stefania, ma la più bella è, indubbiamente, la Biserica Domneasca con i possenti pilastri su cui poggia la cupola, i colori degli affreschi, l’atmosfera.  Lo stile bizantino si vede sia nella pianta che all’esterno, decorato semplicemente con pietre e mattoni che formano delle geometrie. La chiesa è poco visitata, che è sicuramente un pregio, se si considera la bolgia che affolla invece il monastero.

Da Curtea de Arges abbiamo proseguito per Horezu dove siamo rimaste due giorni a esplorare la zona.

Se non fosse stato per l’aiuto di un amico del posto, non sarei mai riuscita a raggiungere quello che ho visto. Tutte e tre: Petra, Ruxandra (romena, storica dell’arte e direttrice di musei) e io conosciamo la Romania e parliamo Romeno, ma anche così non è facile entrare nella vita della gente.

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Siamo state a parlare con Aurica, 100 anni,  che durante la seconda Guerra Mondiale venne fatto prigioniero dai Russi e portato in Siberia. Abbiamo visto una chiesetta del 1487. La sua iconstasi apparteneva all’eremo di Sfantu Ioan, che venne distrutto dalla piena del fiume e l’iconostasi salvata dalle acque venne posta nella chiesa del villaggio. Siamo entrate in una delle poche case di campagna, ancora “in piedi”, che risale al 1800. Siamo passate per un paese di Rudarii, gli zingari che lavorano il legno. Abbiamo visto come una semplice famiglia romena, padre vedovo e 5 figli, con il lavoro manuale di tutti e un po’ di soldi fatti lavorando all’estero (non in Italia!) hanno costruito un “resort” per la pesca alla trota. E abbiamo finito a casa di Stefan in un trionfo di marmellate, sciroppi, formaggio fresco, cetriolini sott’aceto, frutta sciroppata e liquore di ciliegie, tutto fatto in casa. Abbiamo discusso di arte, storia, politica, religione, di corruzione e di quanto si potrebbe fare per salvare il patrimonio del Paese, se solo il denaro andasse nella direzione giusta. Mi sono fatta dare da Narcisa, la moglie di Stefan, varie ricette e abbiamo imparato che in campagna la gente si cura ancora con le piante, fa bene ed è anche gratis! L’aspirina? Perché comprarla? Basta la corteccia del Salice. Dalla Betulla, invece, si ricava un liquido denso come il miele, che cola, dopo aver inciso la corteccia, non ricordo a cosa serva, ma solo l’idea che si possa succhiare con una cannuccia la linfa di un albero mi fa impazzire!

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Dulcis in fundo, lungo la strada abbiamo incontrato due famiglie nomadi con carri e cavalli, sempre più raro di questi tempi.

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Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

 

 

 

 

 

 

 

il popolo degli zingari

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Alcune persone li amano, sono affascinati dall’aura di mistero e magia che li circonda; altre li disprezzano, ma questo non sembra turbare i Rrom che da secoli vivono una vita tutta loro.

Căldărari, Ursari, Lăutari, Florari,  sono alcuni dei nomi con cui vengono chiamati gli zingari in Romania. Nomi di vecchi mestieri, alcuni dei quali ancora esistenti, che permettono una vita rispettabile nel XXI secolo, svolgendo professioni che hanno sapore di Medioevo.

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I Căldărari lavorano i metalli (rame, ottone, alluminio) fanno le coperture dei tetti e le pentole. I Florari si occupano della vendita dei fiori, hanno praticamente il monopolio. Gli Ursari, erano domatori  di orsi, li facevano danzare a suon di musica alle fiere di paese. Oggi non ci sono più, ma essendo stati anche dei musicisti sono sopravvissuti nei Lăutari. Non c’è festa, matrimonio, compleanno, battesimo, soprattutto nelle campagne,  senza un gruppo di Lăutari che suoni le Manele, musica popolare con influenze orientali. Il gruppo più famoso anche all’estero, grazie a Johnny Depp, è quello dei Taraf de Haïdouks; in Romania invece, vanno forte Adrian Minune e Florin Salam.

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Tutti sono zingari, o rrom, che nella loro lingua vuole dire “uomo”.

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Appartenevano a un popolo nomade arrivato in Europa al seguito dei Mongoli. La maggior parte degli storici li fa risalire a una tribù del Nord dell’India, la loro lingua (il Romani, e 17 dialetti) ha parole simili al Bengali e al Sanscrito. In Romania sono arrivati agli inizi del 1200,  alcuni di loro hanno mantenuto la vita nomade (Caldarari, Ursari, Gheambaşi…) e pagavano un tributo ai Boiardi (nobili), altri sono diventati sedentari e schiavi. Facevano parte delle proprietà delle famiglie nobili, la loro situazione non era diversa da quella degli schiavi neri in America. Svolgevano tutte le mansioni di casa, badavano agli animali e ai campi, venivano comprati, venduti, puniti e uccisi.

La schiavitù venne abolita nell’Ottocento, ma la libertà non li ha portati lontano. La vita che conducevano ai margini della società li ha relegati a cittadini di seconda categoria. Durante il Comunismo si è cercato di integrarli nella popolazione, avevano casa e lavoro, ma la caduta del regime, il disfacimento dell’apparato statale, la chiusura delle fabbriche e la privatizzazione, li ha riportati al gradino più basso della società.

Non tutti se la cavano male, ma per loro non è facile trovare lavoro. Alcuni sono ricchissimi, vivono in palazzi faraonici e si coprono d’oro; altri vivono in baracche senza luce né acqua corrente.

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Poco amati anche in patria, dove i più si arrabattano per un’ esistenza in povertà, continuano a fare molti figli che spesso, per le precarie condizioni in cui vive la famiglia, vengono affidati agli orfanotrofi. I ragazzi si sposano giovani, di solito sotto i vent’anni. Molti non vanno a scuola e si precludono un possibile futuro migliore. Se trovano lavoro è qualcosa che nessun altro vuol fare: spazzini, uomini di fatica….con paghe molto basse.

Ma c’è anche chi se la cava bene, quelli  che lavorano il legno, i metalli, i muratori, i musicisti o che svolgono altri lavori artigianali. La Romania è legata alle tradizioni, e per questi mestieri c’è ancora spazio. Così come c’è ancora spazio per la vita nomade. Carro e cavalli, il carro diviso in due: nella parte superiore su un materasso viaggia e dorme l’intera famiglia; sotto: utensili, legna da ardere, pentole e catini, qualche volta le galline. Per le vallate della Transilvania, soprattutto d’estate, si vedono passare piccole carovane con uomini, donne, bambini, che sembrano arrivare dalle steppe dell’Asia.

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Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

A settembre si tiene un festival zingaro.