Casa Macovei, collezione d’arte ai tempi del comunismo

Appena a sud di piazza Unirii, sotto il Patriarcato, per raggiungere il Parco Carol, si percorre la strada chiamata 11 Giugno. Questa data ci riporta al 1848, al giorno in cui il sovrano di Valacchia, sotto la pressione del popolo fu costretto a firmare il proclama di Islaz, ovvero la nuova Costituzione per poi abdicare in nome della democrazia.

Curioso sapere che a distanza di un secolo, in pieno regime comunista, quella strada avrebbe dovuto cambiare nome perchè ogni cosa che richiamava un accenno di idea rivoluzionaria era destinata a soccombere. Ma un qualche genio dell’epoca ha pensato bene di sostituire solo l’anno. E così, in tutto il periodo comunista l’11 giugno da ricordare diventa quello del 1948, ovvero il giorno in cui vennero nazionalizzate tutte le attività commerciali, bancarie, assicurative, ecc. (legge 119 dell’11 giugno 1948), da quel giorno ogni cosa sarebbe appartenuta allo Stato!

Al numero 36 una graziosa villa dei primi del novecento, contrasta con gli anonimi edifici che la circondano. Si tratta della casa memoriale dei coniugi Macovei.

Questi piccoli musei, considerati un po’ di serie B in quanto non attraggono molti turisti, sono a mio parere delle gemme nascoste.  Sia per le collezioni d’arte che spesso si trovano all’interno sia perchè si ha la possibilità di visitare delle vere case rumene del secolo scorso. Spesso appartenute alla borghesia intellettuale o professionale della capitale. Case che hanno vissuto eventi storici importanti, ma che ci raccontano anche il quotidiano, con le loro sale da pranzo, con le loro stufe, gli specchi, i servizi di porcellane e i canapè. Trovo che tutto ciò abbia un fascino irresistibile.

Se a questo si aggiunge il piacere di stare tra le spesse e fresche mura antiche nella calura di questi giorni, la visita diventa ancora più piacevole.

La villa rappresenta una straordinaria miscela di passato e presente, un luogo d’incontro tra la storia dell’arte e la storia del comunismo rumeno. Pompiliu Macovei, fu un grande diplomatico e architetto. Membro del comitato centrale del Partito, ha lavorato come insegnante nel 1944 e nel 1945 prima di essere capo architetto della capitale, presidente dell’Unione degli architetti rumeni, ministro della cultura, viceministro degli affari esteri e ambasciatore della Romania in Italia e dell’UNESCO.

Sua moglie, Ligia era un’artista. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bucarest oltre che per i suoi quadri, viene ricordata come la più famosa illustratrice dei volumi di Eminescu e Arghezi. Ebbe una condizione piuttosto privilegiata potendo viaggiare molto accanto al marito, cosa permessa solo a pochi eletti in quegli anni bui. Questo fece si che ebbe la possibilità di conoscere molte correnti artistiche contemporanee e di esserne influenzata. Come nel caso dell’espressionismo tedesco, da cui la maggior parte delle sue opere traggono spunto.

Ma quello che più accumunava la coppia era il grande gusto per gli oggetti d’arte, che nell’arco della loro vita hanno acquistato (o ricevuto in dono), e collocato nella loro abitazione.

Quadri di Tonitza, Pallady, Grigorescu. Oggetti di enorme valore come nel caso di un guerriero della dinastia Tang o del piccolo Buddha del XVII sec. Ceramiche di Rouen e di Delft, lampade e lampadari di Murano, cristalli di Boemia. Mobili Biedermeier, una Thonet originale, credenze fiorentine del XV sec, mobili del primo Rinascimento francese, e tanti altri oggetti.

E poi una biblioteca fatta di circa 10 000 volumi di Arte, Architettura, Poesia e Filosofia, in cui i libri, divisi per argomenti sono ancora come loro li avevano disposti.

E’ davvero una collezione interessante, ma quello che è straordinario è che loro abbiano potuto raccogliere questi tesori in un periodo in cui tutte le opere d’arte venivano requisite dallo Stato, durante il comunismo a nessuno era permesso avere oggetti preziosi in casa. E questa fu una tragedia enorme perché molte cose andarono perdute, le abitazioni venivano requisite con tutto quello che c’era dentro, mobili, quadri, ecc. E tutto ciò spesso finiva in mano a persone che ne ignoravano il valore. Che peccato! Ma, come sempre accade, non a tutti viene riservato lo stesso trattamento, questa collezione ne è la prova.

Pompiliu Macovei sopravvisse a tre cambi di regime in tutta la sua lunghissima vita, restando ogni volta un uomo “del suo tempo” . Quello che mi ha colpito è che nonostante la sua importante figura nell’ambito dell’architettura non abbia lasciato nessuna opera significativa in città. Collaborò al progetto del Teatro dell’Opera e alla realizzazione dell’Aeroporto di Baneasa, ma insieme a tanti altri progettisti.

Forse una risposta riesco a darmela, immagino come possa una persona dai gusti così raffinati, aver sofferto nel veder realizzate quelle orrende opere urbane del Realismo Socialista, ma è riuscito a stare a galla e mantenere la sua posizione con tutti i privilegi che comportava.

E così, non avendo eredi, i loro tesori sono a disposizione di chi è capace di apprezzarli.

Se volete farvi guidare alla scoperta di Bucarest , quella meno conosciuta, e della Romania fuori dai soliti percorsi contattate Ursula.

Il Cimitero Bellu, piccola Antologia di Spoon River.

Parlando di viaggi, in una caffetteria di Piazza Romana, l’amica Federica mi ha illustrato il suo concetto delle 3 C, ovvero che tra le cose più interessanti da visitare ci sono Chiese, Castelli e Cimiteri monumentali. Un pensiero che condivido perfettamente. E la nostra discussione è caduta proprio sui cimiteri, sul romantico fascino che alcuni di essi hanno. Non a caso mi sono innamorata della casa in cui abito perchè ha una splendida vista sull’antico cimitero ebraico, resa ancora più pittoresca dall’alternarsi delle stagioni.

Nel blog ho parlato abbondantemente di Castelli romeni, un po’ meno di chiese, ma quasi mai di questi luoghi silenziosi che raccontano tanta storia e tante storie.

“Hai mai visitato il cimitero Bellu“? Mi ha chiesto l’amica. Mi vergogno. Vivo a Bucarest da 7 anni e non ci sono mai andata.

Dopo 10 minuti eravamo sulla metro, destinazione Eroii Revolutiei, uno spiraglio di sole dopo settimane di gelo ci aveva ispirato questa originale passeggiata nel cimitero Serban Voda (o Bellu), il più famoso della città.

Camminando nei viali si incontrano le tombe di molte celebrità rumene degli ultimi due secoli, scrittori, pittori, politici ed accademici, ma non è di questi che voglio raccontare. Sfortunatamente solo pochi di essi sono conosciuti all’estero, come il poeta Eminescu o Henri Coanda ( l’effetto Coanda, grazie ad esso voliamo e ci arricciamo i capelli col Dyson). Non parlerò neanche di architettura, dei mausolei delle grandi famiglie, altro aspetto molto interessante che rende questo luogo un museo a cielo aperto.

Ma ci sono delle statue davanti alle quali è impossibile non fermarsi. Come una sorta di Antologia di Spoon River sono lì a raccontare di storie e tragedie che con il passare degli anni sono diventate leggendarie, e dove la realtà ha finito per fondersi con la fantasia.

Una fanciulla su una grande roccia e sopra di essa un’aquila con le ali spiegate.

Sophia Mavrodin, una delle prime scalatrici rumene dei primi del novecento, cercando di conquistare una roccia si imbattè in un nido di aquile. Spinta dalla curiosità e credendolo vuoto, volle avvicinarsi. Ma quando il rapace arrivò, Sophia si spaventò a tal punto che cadde nel vuoto. Suo padre, distrutto dal dolore, ordinò che la sommità della roccia fosse trasportata, pietra su pietra, al cimitero di Bucarest. “L’ aquila ha difeso la sua roccia dalla ragazza che non sapeva volare”.

Poco più avanti un’altra scultura ci ha colpite. Più che una scultura, la definirei una sceneggiatura di un film. Una donna sdraiata e accanto a lei un uomo barbuto affranto dal dolore a rappresentare il dramma dei Porroinianu. Constantin Porroinianu, appartenente ad una ricca famiglia di Caracal, durante un viaggio a Parigi, dove precedentemente aveva studiato, conobbe una giovane donna e se ne innamorò. Dalla relazione nacque una figlia, ma Constantin doveva tornare in Romania, dove ad attenderlo c’erano sua moglie e suo figlio Lulea. Molti anni dopo, Lulea seguendo lo stesso percorso del padre andò anch’egli a Parigi per i suoi studi. Ed anche lui si infatuò di una parigina, ma a differenza del padre, la sposò e, innamoratissimi, tornarono in Romania. Qui, in seguito ad una serie di circostanze scoprirono di essere fratello e sorella e non reggendo il colpo si suicidarono. Constantin, sconvolto dal dolore, dopo aver lasciato tutti i suoi averi al Comune di Caracal, si tolse la vita impiccandosi.

E che dire della Dama con l’ombrello? Raffigura proprio come l’omonimo quadro di Monet, una giovane ed elegante donna dei primi del ‘900. Katalina Boschott, era una erudita governante dell’alta società belga, accolta come istitutrice dei figli da un aristocratico rumeno, il dottor Popovici, vedovo.

I due si innamorarono e nel 1906 decisero di concedersi una vacanza a Baile Herculane, nota località termale di quei tempi. Qui una peritonite male operata da un medico portò la giovane donna alla morte. La cosa curiosa è che l’epitaffio, ormai illeggibile, pare dicesse : ”Acest animal de medic m-a ucis”.Pare siano state queste le sue ultime parole. Ad incrementare ulteriormente la leggenda della bella Katalina, è stato lo scultore, il fiorentino Raffaello Romanelli, raccontando che la statua gli era stata commissionata da un ricco signore che voleva restare anonimo. Da qui, la fantasia popolare ha attribuito vari facoltosi amanti alla fanciulla, compreso il re Carol II.

E’ una passeggiata curiosa ed interessante, e senza voler scomodare Foscolo o Goethe, è il caso di dire anche attraverso i cimiteri si impara a conoscere un popolo, la sua storia, la sua cultura e le sue leggende.

Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula.

A Bucarest non c’è niente da vedere.

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A Bucarest non c’è niente da vedere?

Sembra essere un titolo provocatorio volto a contrastare i soliti pregiudizi e stereotipi che spesso si hanno su questa città. Invece no, è un giallo, anzi un noir. Tutto ambientato a Bucarest nei giorni nostri.

L’autore è Federico Collesei, da sette anni docente di lingua italiana in un liceo bilingue, e con la curiosità che contraddistingue noi italiani, ha osservato ogni giorno le varie situazioni, e contraddizioni , di questa città.

Il racconto narra di un omicidio a cui assiste casualmente il giovane Paducel. E l’ispettore Razvan, attraverso le molte ombre di Bucarest, conduce le indagini fino alla fine. Una storia in cui è stato capace di inserire in maniera naturale e diretta la Storia, quella che la Romania cerca di scrollarsi di dosso, ma che resta ancora viva nelle abitudini.

Quando si parla di narrativa rumena, intendo quella tradotta, quindi accessibile a tutti, spesso si  incontrano le solite tematiche rivolte al passato. A questo aggiungo, almeno per la mia esperienza, una sintassi e dei contenuti che richiedono “l’obbligo di transito con catene”, volendo usare una metafora…

Eppure ci sono parecchi giovani e frizzanti autori che meriterebbero di essere tradotti.

Non è facile trovare un testo (in italiano) che descriva la società attuale rumena, dove alla dittatura si è sostituito prepotentemente il consumismo, senza passaggi intermedi. Una società divisa tra ombre e parvenu, nella quale regna incontrastato il mito della BMW (Beeemmve).

Credo che l’autore abbia fatto tesoro delle voci dei ragazzi con i quali quotidianamente ha a che fare. Nipoti, più che figli, della Rivoluzione. E sottolineo il riferimento ai nipoti, in questo paese dove la figura dei nonni ha un ruolo molto significativo. Il grande fenomeno migratorio ha portato questi ultimi in molti casi a sostituirsi ai genitori.

Tutto si svolge intorno al Parco Kiseleff, sotto l’occhio attento del Monumento degli Eroi dell’Aria (Eroilor Aerului), che nel racconto risulta avere un valore simbolico. Come pure lo hanno i corvi, i cani randagi, i bosketari (i ragazzi che vivono nella rete di canali sotterranei), e tutti insieme danno forma ad uno scenario quasi fantastico, piacevolmente surreale….ma non voglio aggiungere altro. Merita di essere letto.

“La lettura è il viaggio di chi non può prendere il treno”, diceva il drammaturgo De Croisset, in altri tempi. Ora viaggiare è facile, ma non sempre si riesce a cogliere l’anima dei paesi che si visitano. La narrativa aiuta!

Il testo, edito dalla ExCogita, è stato presentato alla Fiera del Libro di Torino 2017, e selezionato da MasterBook, Master di specializzazione dell’ Editoria promosso da IULM.

Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula.

 

 

 

Il museo del Kitsch di Bucarest

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“Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare…”, è questo che deve aver pensato Cristian Lica tanto da essere spinto ad aprire il Museo del Kitsch in Strada Covaci, nel cuore di Bucarest.
Per venti anni ha raccolto oggetti di dubbio gusto in giro per la Romania ed ora sono lì a raccontarci un pezzo di storia e di folklore di questa terra.
Ad iniziare con la paccottiglia di Dracula, un vero business per i commercianti, visto che dall’altro lato i turisti continuano (ahimè) a farne incetta…
Segue il kitsch religioso, dove a vedere un tappeto con l’immagine dell’ultima cena, o un crocifisso a led ci si chiede se Umberto Eco sarebbe stato ancora capace di definire queste cose “opere d’arte riuscite male” .

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Il kitsch comunista, con una serie di oggetti sulla propaganda, slogan, testate giornalistiche e altra roba con cui il popolo rumeno ha dovuto convivere per anni, motivo per cui ai locali viene simpaticamente offerta una riduzione sul biglietto.
Animali impagliati ed altri articoli di arredamento che fanno sorridere, qualcuno di essi era anche nelle nostre case, ora con generosità li chiamiamo “vintage”, ma a dire il vero erano brutti anche allora.

 

 

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Il Kitsch zingaro, con le loro ostentazioni, i loro palazzi, che qui si chiamano Kastellos, i cui tetti ricordano le pagode, e dove dentro si può trovare di tutto, dalle maniglie d’oro alle belve feroci in gabbia.
Ma la genialità di Cristian Lica è stata voler scherzare e mostrare ai turisti ( molti giornali stranieri hanno parlato di questo museo) un aspetto della Romania, che davvero fa sorridere. Ogni paese ha una sua tipologia di genere umano le cui caratterizzazioni hanno fatto la fortuna di molti personaggi televisivi.

 

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Regalo di nozze!

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Festeggiamento di un battesimo, arriva la limousine con a bordo la bambina e le madrine.

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Quella rumena è data da Pițipoanca  e Cocalar. Ma chi sono?
piti (2)La  Pițipoanca è facilmente riconoscibile dalle ciglia finte, la cui lunghezza provoca un vero spostamento d’aria, dall’abbigliamento molto appariscente e dall’altezza dei trampoli. La foggia è sempre la stessa, sul ghiaccio in inverno e in piscina d’estate. Si può avvistare ovunque, il suo habitat naturale è la discoteca, ma di solito caccia anche in territori aperti. E’ possibile avvistarla in branchi, nelle toilette dei club, il trucco, di vitale importanza per la sopravvivenza della specie, richiede un impegno costante. Ama farsi fotografare, e se non lo fanno gli altri lo fa da sè, immortalandosi in selfie che poi mette in rete e che dopo una serie di giri è facile che vadano a finire…nel museo del Kitsch!
cocalar (2)Compagno ideale della Pițipoanca  è il Cocalar. Facilmente riconoscibile dalla macchina e dalla pancia, entrambe di grossa cilindrata. Il cocalar ha sempre con sè ingenti somme di danaro, solitamente contanti e voluminosi, che ama mostrare e sventolare.
Camicia semi aperta, collana ed occhiali scuri, tutto rigorosamente griffato.
Avanza solitamente a ritmo di Manele, genere di musica melodica (bandito dagli intellettuali) che ha come rappresentante Florin Salam.
Al pari di un lama peruviano ama sputare, sementi o materiale organico…motivo per cui è bene se capita di incontrarne uno, tenersene ad una distanza di sicurezza.
Ecco un video molto esplicativo su come diventare uno di loro.
Ovviamente abbiamo scherzato nel presentarli così, ogni paese ha la sua “fauna locale”!
La visita termina con una sequenza fotografica che appare su uno schermo, dove l’ideatore del museo si è divertito a mostrare una serie di situazioni e personaggi, in cui il kitsch diventa vero e proprio trash. Immagini per nulla estranee per chi vive da queste parti.

Termino con queste due foto, si tratta di automobili moldave, e non rumene, per sottolineare ancora una volta che il cattivo gusto è in agguato anche oltre confine.

La prima è completamente ricoperta di strass, l’altra è una limousine (Chrysler pt Cruiser) spesso usata per i matrimoni. What else?

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Baneasa, la foresta incantata

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Nell’immaginario collettivo il bosco ha sempre nascosto un misto di fascino e paura. Non a caso, da Robin Hood a Cappuccetto Rosso, da Hansel e Gretel a Biancaneve, è sempre stato l’ambiente prediletto delle fiabe.

Trovarne uno vicino ad una città oggi non è semplice. A Bucarest è possibile, nella zona nord, a pochi minuti dal Baneasa Shopping Center, si trova il più grande spazio verde cittadino; poco frequentato dai turisti, non comparendo sulle guide, è la meta preferita di chi ama immergersi nella natura più vera e allontanarsi dal cemento

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Trovare Bucarest nei tempi passati non era cosa facile. La città era nascosta in una folta coltre verde da cui spuntavano solo le cime dei campanili e intorno ad essa, per chilometri, si estendeva una foresta che andava dal Danubio ai Carpazi, la foresta Vlasiei. Una foresta immensa (30.000 ha), antichissima (sono stati trovati resti di mammut proprio intorno a Bucarest), che oggi sopravvive nei boschi intorno alla città: Snagov, Comana, Baneasa, Mogosoaia…

Come tutte le foreste era un luogo oscuro e misterioso, ma anche fonte di cibo e di riparo. Gli abitanti di Bucarest vi si rifugiavano quando eserciti invasori mettevano a ferro e fuoco la loro città.

Una foresta come quella delle fiabe, abitata da orsi e lupi che, nei gelidi inverni di inizio Novecento, si spingevano fino alle prime case vicino al Lago Herastrau e i loro ululati si sentivano sino all’Arco di Trionfo.

Il bosco di Baneasa è un pezzo della foresta Vlasiei. E’ un pezzo piccolo purtroppo, ha attraversato due guerre, bombardamenti, e la sua legna ha riscaldato i bucuresteni nei periodi difficili. Inoltre, negli ultimi anni è stato vittima di speculazioni immobiliari, ma resta il più grande polmone di Bucarest. E’ un bosco selvaggio, fitto tanto da filtrare la luce del sole, silenzioso e abitato da cinghiali, caprioli e fagiani. E forse anche dagli elfi!

Nessun cavo elettrico o palo della luce all’orizzonte, solo energia da incamerare.

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Si possono seguire i sentieri segnati o inoltrarsi tra gli alberi, si possono noleggiare gratuitamente le biciclette e pedalare per due ore senza mai ripassare dallo stesso punto. Ogni stagione regala colori e scenari diversi; in inverno assume un aspetto magico, sembra un bosco incantato e a ogni passo, nel silenzio ovattato, si sente solo il rumore della neve che “scricchiola” sotto i piedi.

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Alla fine della passeggiata ci si può fermare, come facciamo spesso noi, nel ristorante Casa Alba, una splendida struttura del 1930, prima opera realizzata da Octav Doicescu, cittadino onorario di New York, e che fino al 1989 era uno dei luoghi più frequentati dalla nomenclatura. Prendere un te’ con una fetta di torta o gustare i tipici piatti della cucina rumena a prezzi davvero contenuti, nella crama (taverna) in inverno o sulla splendida terrazza in estate.

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per dieci anni ho accompagnato mia figlia a scuola (a 6 km da casa) e spesso rifletttevamo sulla sua fortuna. “Quale bambino milanese attraversa tutti i giorni una foresta per andare a scuola, e vede i fagiani, in città?!)

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Parliamo di sicurezza

Ore 11 di una qualsiasi domenica mattina. Esco dal garage con la macchina, ma non riesco a chiudere la saracinesca con il telecomando. Dopo pochi minuti di tentativi vani arriva la telefonata dell’amministratore di condominio che mi dice di non preoccuparmi, il tecnico è già stato sollecitato. Efficienza da fantascienza! Ovviamente tutto il mio movimento era stato ripreso dalla telecamera di sicurezza, nel tragitto dal mio pianerottolo al garage ne incontro ben  tre.
Ed abito in un comunissimo palazzo di un quartiere residenziale.
Bucarest ha circa 10 000 telecamere sparse su tutto il territorio che controllano strade, piazze, scuole,parchi,metro, ecc. appositamente collegate con gli uffici di polizia di appartenenza.

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A queste si aggiungono quelle private, ovvero dei negozi, banche, case e palazzi.
Molte sono in vista, ma altre sono ben nascoste. Ad una mia amica è capitato di avere un incidente in un luogo tutt’altro che centrale. Non è stata colpa sua, e la polizia arrivata sul luogo dell’incidente, le ha detto che di lì a breve si sarebbe scoperta la verità. Dopo 48 ore è arrivato il video in cui veniva ripreso l’incidente, e di conseguenza la dinamica dei fatti. La mia amica non contenta, è tornata sul posto a cercare la telecamera…non l’ha trovata!
Mi viene da pensare che in Italia si potrebbero risparmiare tante di quelle cause…ma da noi con la storia del garante della privacy questo non è permesso, tutte le restrizioni che vengono fatte, tutta la segnaletica che deve esserci. Ma perchè? Per non invadere la sfera privata del cittadino? La stessa che poi viene regolarmente sbandierata sui social network?Io stessa mi sono ritrovata la casa svaligiata dopo aver postato in tutti i modi che ero all’estero.
Certo che i cittadini dell’est, la tolleranza al Grande Fratello ormai ce l’hanno nel DNA, la storia ce lo insegna e in tutta la filmografia a tema, il miglior spionaggio appartiene sempre a questa zona grigia d’Europa, ma almeno vivono più sicuri!
I più danarosi hanno adottato il sistema delle videocamere anche sulle proprie auto, a mo’di scatola nera, per evitare chi con gli incidenti ci specula.
I video vengono conservati per 30 giorni e poi vengono distrutti. I negozianti si avvalgono di questo servizio, ovviamente legato ad un pronto intervento da parte della security per un costo di circa 100 euro al mese.
Quello della vigilanza è uno dei maggiori business della Romania, tutti si servono di questo sistema e gli uomini con la scritta “security”si trovano dappertutto.Sulle strade, nei parchi, ogni due vagoni della metro c’è il guardiano munito di manganello. Quante volte ho visto gente piangere sulla metro di Milano a causa dei borseggiatori…

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Ed ancora in tutti i supermercati e centri commerciali, e i più fortunati hanno i gabbiotti con il poliziotto davanti al cancello di casa.
Ora proprio per dirla tutta, se questi sistemi di sorveglianza funzionano da deterrente ai fini di non delinquere, aggiungo che i provvedimenti penali sono di gran lunga più severi rispetto a quelli italiani. Qui si finisce in prigione (e ci si resta) per reati che da noi sono a malapena contemplati. Per fare qualche esempio, la tolleranza all’alcool è zero, se si viene beccati, c’è il ritiro della patente per tre mesi. Stessa sorte se non ci si ferma davanti alle striscie se c’è il pedone in procinto di attraversare. C’è l’arresto immediato se si guida senza patente. E, anche qui la storia ci viene in aiuto, andare in carcere in Romania, non è una passeggiata. E non ci sono sconti per nessuno. Gigi Becali (proprietario dello Steaua Bucarest )sta scontando i suoi 3 anni nel duro carcere di Costanza per aver corrotto il ministro della difesa nella compravendita di un terreno di proprietà dello stato.
Se un rumeno vuole delinquere, è molto meglio venire a farlo in Italia! Motivo per cui se uno di loro viene preso e rispedito in patria….dopo pochi giorni è ovvio che torna nel Bel Paese a svolgere la sua professione.
E quindi,quando si sente alla tele che l’ennesimo rumeno ha compiuto azioni deprecabili…nessuno deve pensare che questa sia una prerogativa della razza, credo sia meglio ragionare sul sistema che rende questo possibile.