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Informazioni su Ursula Fait - Stefania Acerra

URSULA FAIT guida e accompagnatrice turistica ursulafait@hotmail.com https://www.facebook.com/Ursula-Fait-guided-tours-in-Romania-318899931560728/ Ursula Fait è accompagnatrice turistica dal 1986 e guida della città di Milano dal 1995. Accompagnatrice per AFA Tours Inc., NY. Come guida lavora per il Centro Guide Milano, con tour operator e agenzie italiane e straniere, incentives, scuole, turisti. Svolge sia itineari classici che particolari, tra i quali: “Milano capitale dell’Impero romano”, “Simboli e figure mitologiche nella scultura romanica”, “Tintoretto a palazzo Clerici”… Non di rado le è capitato di uscire dagli schemi e ritrovarsi a far la guida-babysitter a 6 ragazzini texani, a fare un giro città in Vespa, a fare tour fotografici. Trasferitasi a Bucarest, dal 2006, offre i suoi servizi di guida anche nella capitale Romena. Nel 2012 ha pubblicato un libro-guida sul centro storico della città “Caravanserais. La vita a Bucarest nel XVIII secolo”. Crea e organizza tour culturali e fotografici anche in giro per la Romania. Appassionata fotografa ha partecipato a diverse mostre, a Milano e a Bucarest. Attualmente vive tra Bucarest e Milano dove ha ripreso la sua attività di guida. Parla Italiano, Inglese, Romeno.

La lingua rumena

limba_romanaLa lingua rumena viene parlata da circa 24 milioni di persone in Romania, Moldavia, ed in alcune zone della Serbia, Ucraina,Bulgaria ed Ungheria.

Ma è la seconda lingua più parlata negli uffici Microsoft….pare che quest’ultima abbia attinto abbondantemente in questo paese nel reclutamento del personale, visto che la tecnologia informatica la pone al primo posto in Europa insieme alla Svezia.

E’ una lingua romanza o neolatina, ma con un percorso diverso rispetto alle altre.

La Dacia, istituita sotto Traiano è uno degli ultimi territori conquistati dall’Impero Romano.

colonnaLa colonna di Traiano, racconta come una pellicola cinematografica a spirale la storia di questa invasione,(Al Museo di Storia Nazionale di Bucarest ne esiste una copia esatta, con la spiegazione di tutte le scene, veramente interessante).

Roma,non imponeva la propria lingua ai popoli colonizzati,ma erano questi che spontaneamente si adattavano gradualmente al latino per ottenere la cittadinanza romana. Le province della Dacia erano luoghi di frontiera soggetti a continue guerre e così,nel 271 i romani si ritirarono da questo territorio.biblia-de-la-bucuresti-(1) Successivamente esso fu soggetto a delle nuove invasioni, questa volta da parte di slavi, turchi e magiari. Il rumeno è perciò una lingua romanza sviluppatasi in un ambiente alloglotto senza legami con il resto della romanità e privo del dominio diretto della chiesa cattolica romana. Il popolo rumeno è l’unico popolo latino di religione ortodossa. La lingua erudita/ecclesiastica era lo Slavone, un rumeno con caratteri cirillici.

Della dominazione dell’Impero romano resta il nome della nazione,  Romania, un’isola di latinità sopravvissuta nell’Europa Orientale, e una lingua che ha nel suo lessico oltre il 70% di parole di origine latina.

Il resto sono termini di origine slava, turca ed ungherese.

Anche se di primo acchitto non si direbbe, è molto vicina all’italiano, se ci si ragiona.

La prima frase che ho imparato, dopo quelle d’obbligo (per favore, grazie, buongiorno e buonasera)è stata nu intelleg, non capisco, dal latino intelligere.

„Per favore”si dice va rugam, dal latino rogare, chiedere, pregare.

Il lei viene tradotto con la lunghissima formula domneavoastra, signoria vostra,residuo quasi medievale….

Ecco,se si fa attenzione e se si ha la fortuna di ricordare un po’ di latino (il problema è che nessuno se lo ricorda), molti vocaboli sono facilmente comprensibili.

La grammatica rumena ha alcuni aspetti che la rendono diversa dalle lingue romanze occidentali moderne. Ha tre generi: femminile, maschile e neutro.

L’articolo determinativo si mette alla fine del sostantivo. Cafe diventa cafea.

L’alfabeto rumeno è derivato dai 26 caratteri del latino, ai quali si aggiungono 5 caratteri speciali riportanti segni diacritici (â ă î ș ț).

Non ha consonanti doppie. E questo comporta notevoli difficoltà per i rumeni che si avvicinano alla nostra lingua. Motivo per cui ci si trova di fronte a divertenti menù italiani che propongono “burratta”, “parmiggiano”o “salsice”.

La cosa curiosa è che vi è una forte similitudine con il dialetto del nostro centro-sud,e non solo nei termini, ma anche nella costruzione delle frasi. Ed essendo io abruzzese, questo mi ha facilitato non poco l’apprendimento.

A tal proposito si racconta questo divertente aneddoto.

Un rumeno va a lavorare nella campagna abruzzese, al suo rientro i compatrioti gli chiedono quali sono state le difficoltà nella lingua. Questi risponde : “Nessuna, gli italiani parlano il rumeno, lo parlano male, ma lo parlano”.

Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

Brasov

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Brasov è una pittoresca cittadina medievale fondata dai cavalieri teutonici nel 1211 e fortificata dai Sassoni.

Le mura che la circondano sono state costruite nel XV secolo, sono alte 12 metri e lunghe 3 km, ed hanno 7 bastioni.

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E’nel cuore della Romania, a 170 km da Bucarest ed è tra i luoghi più frequentati dai turisti. Stando alle statistiche condotte dall’ Eximntur, solo nei primi otto mesi di quest’anno, ne sono arrivati 600.000 , che tradotto in termini economici significa, circa 170 milioni di euro, non male…

Costruita ai piedi del Monte Tampa, raggiungibile in funivia, sulla  vetta spicca il nome della città in caratteri Hollywoodiani.

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La piazza principale, Piata Sfatului, circondata da case in stile rinascimentale e barocche, ospita al centro la Casa Del Consiglio, dalla sua torre con orologio una trombetta annunciava gli eventi cittadini importanti, feste, giostre cavalleresche, cerimonie civili e religiose, tradizione che oggi è stata ripresa.

 

Una  leggenda  associa proprio questa piazza alla nota fiaba dei fratelli Grimm, I bambini di Hamelin, meglio conosciuta come Il pifferaio magico. Una vecchia versione della fiaba narra che i bambini scomparsi dalla città tedesca al seguito del pifferaio fossero poi ricomparsi quì.

bisericaUn rappresentativo monumento del Medioevo è la Chiesa Nera (Biserica Neagra), chiamata così perchè venne incendiata dagli austriaci nel XVII sec, prima di allora, ai tempi della Riforma Luterana si chiamava Santa Maria. Ospita la più completa collezione di tappetti orientali e un organo a 4000 canne.

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Vicino alla chiesa si può percorrere la strada della Fune (Strada Sforii), costruita secoli fa, larga solo 83 cm, pare che sia la più stretta d’Europa.

 

 

 

Nel complesso di San Nicola,si trova la prima scuola rumena (dell XI sec) e la prima tipografia(1500). Qui sono conservati testi importantissimi in Slavone (lingua erudita dell’epoca,un rumeno con caratteri cirillici) donati da personaggi illustri come la figlia di Pietro il Grande. Ho avuto la fortuna di essere accompagnata nella visita da Vasile Olteanu,curatore del museo da 40 anni,e autore di molti libri sull’argomento (parla cinque lingue).Mi ha raccontato di Aldo Moro, che è rimasto ben due ore in questo piccolo museo.E poi di Berlusconi,che ha fatto la stessa visita, ma ha impiegato 10 minuti!

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Una breve sosta va fatta anche al monumento degli eroi del 15 Novembre 1987, data poco conosciuta da noi, ma che ha annunciato l’imminente collasso del sistema comunista.In quei giorni, molti operai stremati dai ritmi di lavoro, dopo aver appreso che il salario avrebbe subito una decurtazione del 30%, dichiararono sciopero e scesero in piazza. Per la prima volta si udirono le parole dell’attuale inno rumeno, Desteapta-te romane, allora proibito.

Implacabili intervennero le forze speciali dell’esercito, arrestando, deportando ed in seguito torturando i manifestanti.

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Dopo il crollo della dittatura, i superstiti, usciti di prigione, ma con ancora i segni delle sofferenze, fondarono l’associazione „15 Novembre 1987”, di cui il presidente onorario è niente di meno che Vladimir Bukovski, noto scrittore e dissidente russo,che denunciò gli abusi commessi negli istituti psichiatrici sovietici nei confronti degli oppositori politici.

Passeggiare per le strade di Brasov è molto piacevole, soprattutto nel periodo natalizio, in cui i mercatini danno un tocco magico a questa cittadina che già di suo sembra uscita dalle fiabe.

provettaI ristoranti e caffetterie hanno quasi tutti un’aria bohemienne, e ne segnalo i due che non si devono assolutamente perdere: il Festival 39, completamente arredato con oggetti d’antiquariato, luci soffuse e soppalco.

E il Dr. Jekelius, è divertente prendere un aperitivo servito in una provetta all’interno di un’antica farmacia.

Un ultimo suggerimento….Ristorante Dei Frati vicino Piata Sfatului, tagliolini al tartufo da urlo!

 

 

Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

 

 

 

 

 

 

 

Sibiu, dove i tetti strizzano l’occhio alla Merkel

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Sibiu ( Hermannstadt), nell’omonimo distretto, conosciuto come la porta sud della Transilvania, merita una visita, e non solo per apprezzarla turisticamente, ma per il suo aspetto socio-culturale.

Fondata nel 1190, dai coloni della Renania,su un probabile castro romano, fin dall’antichità si è sempre affermata come importante centro commerciale, economico e culturale. Tradizioni perpetuate anche  in seguito e che hanno fatto si che  fosse designata Capitale Europea della Cultura nel 2007.

johannis Klaus Johannis, rumeno di origini tedesche,per ben 14 anni ne è stato il sindaco,lasciando una significativa impronta, dal 2000 al 2014. Poi ha abbandonato l’incarico per ricoprirne uno ben più importante, ora è Presidente della Romania. Ma come lui stesso ama ironicamente ricordare, in realtà non ha vinto le elezioni, è stato il suo avversario (Victor Ponta) che ha perso!

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Ho volutamente  sottolineato questo aspetto, perchè  Sibiu, più delle altre  cittadine  di origini sassoni, sono sette in tutto, è la più teutonica di tutte, lo si percepisce subito, e non è solo una questione di urbanistica e stile architettonico. Le scritte”deutsches”sono dappertutto, è a tutti gli effetti la seconda lingua. Vi sono ben due librerie tedesche..

Un aeroporto internazionale collega la città quasi esclusivamente con la Germania e con la sua sorella minore, l’Austria, motivo per cui vi è una forte presenza di tedeschi, sia per turismo, sia per affari. Lo stesso Johannis sta prendendo accordi per incrementare l’industria, soprattutto quella automobilistica, e a questo scopo sta promuovendo indirizzi scolastici compatibili con le nuove esigenze. Venire a produrre in Romania offre vantaggi ad entrambi.

Di conseguenza, Sibiu rappresenta un modello, che sia positivo o no, dipende dai punti di vista, certo è che è diversa dalle altre città rumene.

I locali sono più sobri, la musica ha un volume contenuto, si vedono meno tacchi e non ha una gran vita notturna. Sappiamo tutti che i tedeschi non amano fare tardi e che, all’alba, sono pronti (qui senza alpenstock, non siamo in montagna) ad esclamare “guten morgen!” davanti ad un piatto di cremwurstel servito a colazione…

Divisa tra città bassa e città alta, collegate dal ponte “delle bugie”, nome dato perchè pare che proprio in questo luogo i cadetti erano soliti fare promesse alle fanciulle…

 

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Nella parte alta, il centro si sviluppa intorno  a due piazze, una piccola (Mica) e l’altra grande (Mare). Quest’ultima circondata da splendidi palazzi come il Brukenthal, sede di uno dei musei più antichi dell’Europa centrale, aperto al pubblico dal 1817. Quì si trova la grande raccolta di opere del barone Samuel Von Brukenthal, che al servizio di Maria Teresa d’Austria, ha trascorso una vita a collezionare capolavori, tra cui pittori fiamminghi, Tiziano, Van Eyck, i Bruegel, ecc.

Accanto, la Primaria, uno splendido edificio in art nouveau, ex banca, e dal 2006 sede del Municipio.A seguire la Torre del Consiglio, una delle torri di difese facente parte di una delle cinte murarie di fortificazione.

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Attraverso questa, mediante una galleria (di cui Sibiu è piena) si accede alla Piazza Mica. Quì è possibile visitare il primo laboratorio omeopatico del mondo, creato proprio da Samuel Hahnemann, che in questo luogo ha vissuto due anni, al seguito di Brukenthal.

Sotto uno dei palazzi di questa piazzetta è bene fare una piccola pausa caffè nella libreria Habitus, un gioiellino.

A due passi da qui la grande cattedrale Evangelica, del XIV secolo, con la sua imponente torre di 73 metri.

Ma la cosa più suggestiva di Sibiu sono i tetti, hanno una particolarità unica, osservano! E’ un sistema di lucernai destinati all’aerazione delle case, ma la forma è proprio quella di un occhio, e la sensazione è proprio quella di..essere osservati.

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Nei secoli questi occhi ne hanno viste di tutti i colori, soprattutto quelli dei palazzi in piazza Mare, dai roghi delle streghe alle esecuzioni con la ghigliottina. Per fortuna ora gli spettacoli a cui assistono sono qualitativamente e culturalmente superiori. Proprio in questo slargo vengono proposte le manifestazioni più belle, come il Festival Internazionale del Teatro, a Giugno, che propone artisti di gran fama. Quest’anno anche l’Italia è stata rappresentata con la Carmen tutta napoletana di Mario Martone ed impersonata da Iaia Forte.

Altra importante manifestazione che si tiene qui è il Festival Jazz, che ha una storia curiosa. E’ nato nei primi anni 70 (come quello di Montreux, incredibile!), in pieno regime comunista. Questa cosa mi è sembrata subito strana, ma poi ho letto che in realtà il jazz era una delle passioni di Nicu Ceausescu (forse la più sana), e fino all’89 ne è stato il più grande finanziatore ed organizzatore.

Cosa comprare in Romania

Spesso mi diverto, controllando le statistiche di questo blog, a vedere quali sono le parole chiave che una volta  inserite in Google  portano  a visitare queste pagine. Ce ne sono di divertentissime, come “vecchia stufa rumena in ceramica”, oppure “abito da sposa rumeno”, ma le più frequenti in assoluto sono “Dracula”(non avevo dubbi) e “cosa comprare in Romania”.

Ecco, è bene spendere due parole per quello che riguarda lo shopping in Romania.

Tralascio i negozi di souvenir, dove la “paccottiglia” a tema Dracula, a mio avviso, serve solo a ad intasare le scrivanie…

Vediamo quali sono le cose veramente tipiche.

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Prima tra tutte la ie, ovvero la tradizionale camicetta rumena. Indumento preferito della Regina Maria, che era solita portarla nelle occasioni ufficiali. E’ stata resa famosa da Henry Matisse, nel suo dipinto del 1940, che a sua volta ha ispirato Yves Saint Laurent, Jean Paul Gaultier e Tom Ford che ne hanno dato una propria versione.

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Ha una storia antichissima, può essere di lino o cotone, ed è ricamata a mano. I disegni rappresentano dei simboli magici che, cuciti con precisione ad ogni punzonatura avevano lo scopo di proteggere chi indossava la camicia dagli spiriti cattivi, dagli incantesimi, e dalla malasorte. E’davvero carina.

La si può trovare, oltre che nei negozi di souvenir (a prezzi maggiorati), nei mercatini, come ad esempio quello sul retro del Muzeul Taranului, che c’è ogni fine settimana.

Altra cosa da comprare è la marmellata di prugne (magiun de prune), la Topoloveni, una vera roba da intenditori.  Al 100% naturale, senza zuccheri aggiunti e senza additivivi.E’ l’unico prodotto romeno in possesso della certificazione europea “Indicazione Geografica Protetta”, preparata secondo una ricetta  vecchia di 100 anni, tramandata di generazione in generazione. Ha ottenuto molti riconoscimenti  all’estero, grazie alle sue qualità,  ed è stata inoltre inserita nella lista di alimenti che possono essere richiesti da qualsiasi truppa Nato del mondo.

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La Fabbrica di Topoloveni propone una vasta gamma di varietà di confetture, dolcificate con succo di mele biologiche, tra cui quelle di rapa tedesca, fragole, amarene, mirtilli, ribes, noci verdi o fiori di acacia.Si trova nei supermercati, nei negozi biologici, o nel punto vendita di Bulevardul Carol 1.

Altra cosa tipica è la ceramica di Horezu, e la cosa migliore sarebbe proprio andare ad Horezu, a meno di 200 km da Bucarest. E’interessante vedere i vasai che impastano l’argilla, modellano e dipingono le loro creazioni dalle tonalità brillanti del rosso, verde, marrone e blu.

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La si trova nei mercati, primo fra tutti Bucur Obor (il più grande di Bucarest) oppure al Muzeul Satului.

SAM_2514 Tuica de MarmuresE poi la Tuica (pronuncia Zuica), il tradizionale distillato di prugne, molto popolare in Romania, considerato che il 70% del raccolto viene impiegato per la sua produzione. Si usa per iniziare i pasti, oppure la si può gustare calda con zucchero e pepe in grani per combattere il freddo. Ma attenzione, può veramente stendere al tappeto, dato l’elevato tasso alcoolico.

La si trova nei supermercati oppure, nei mercatini (targuri), a volte anche fatta in casa.

vinuriE dolcis in fundo…i vini!  I vini rumeni sono davvero eccellenti, forse non troppo pratici da mettere in valigia, ma per fortuna, una vasta scelta la si trova anche in aeroporto, ovviamente a prezzi un po’più alti (ma non troppo). E’bene portare a casa una bottiglia di Feteasca Neagra o Chardonnay de La Cetate, un Merlot de Lacerta, o qualsiasi vino di Dealu Mare (Collina Grande),e perchè no, un Purcari della vicina Moldavia! Quest’ultimo è il preferito della Regina Elisabetta, che ogni anno ordina 1000 bottiglie di Negru de Purcari, il più pregiato.

Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

 

curtea de arges e dintorni

Senza saperlo Stefania ed io siamo state lo stesso giorno a Curtea de Arges. Curioso. Purtoppo non ci siamo incontrate, io venivo da nord-est, lei da sud.

Dopo aver passato il fine settimana a casa di un’amica Tedesca a Pestera, uno di miei posti preferiti, con un panorama che ogni volta mi sento in obbligo di fotografare, siamo partite in tre alla volta di Horezu.

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Lungo la strada abbiamo deciso di fermarci a Campolung, dove si trova l’epigrafe più antica della Romania (1300) sul sarcofago di Lorenzo da Lungo Campo, un cavaliere forse di origini italiane, e a Curtea de Arges.

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Lì abbiamo visitato le stesse due chiese di Stefania, ma la più bella è, indubbiamente, la Biserica Domneasca con i possenti pilastri su cui poggia la cupola, i colori degli affreschi, l’atmosfera.  Lo stile bizantino si vede sia nella pianta che all’esterno, decorato semplicemente con pietre e mattoni che formano delle geometrie. La chiesa è poco visitata, che è sicuramente un pregio, se si considera la bolgia che affolla invece il monastero.

Da Curtea de Arges abbiamo proseguito per Horezu dove siamo rimaste due giorni a esplorare la zona.

Se non fosse stato per l’aiuto di un amico del posto, non sarei mai riuscita a raggiungere quello che ho visto. Tutte e tre: Petra, Ruxandra (romena, storica dell’arte e direttrice di musei) e io conosciamo la Romania e parliamo Romeno, ma anche così non è facile entrare nella vita della gente.

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Siamo state a parlare con Aurica, 100 anni,  che durante la seconda Guerra Mondiale venne fatto prigioniero dai Russi e portato in Siberia. Abbiamo visto una chiesetta del 1487. La sua iconstasi apparteneva all’eremo di Sfantu Ioan, che venne distrutto dalla piena del fiume e l’iconostasi salvata dalle acque venne posta nella chiesa del villaggio. Siamo entrate in una delle poche case di campagna, ancora “in piedi”, che risale al 1800. Siamo passate per un paese di Rudarii, gli zingari che lavorano il legno. Abbiamo visto come una semplice famiglia romena, padre vedovo e 5 figli, con il lavoro manuale di tutti e un po’ di soldi fatti lavorando all’estero (non in Italia!) hanno costruito un “resort” per la pesca alla trota. E abbiamo finito a casa di Stefan in un trionfo di marmellate, sciroppi, formaggio fresco, cetriolini sott’aceto, frutta sciroppata e liquore di ciliegie, tutto fatto in casa. Abbiamo discusso di arte, storia, politica, religione, di corruzione e di quanto si potrebbe fare per salvare il patrimonio del Paese, se solo il denaro andasse nella direzione giusta. Mi sono fatta dare da Narcisa, la moglie di Stefan, varie ricette e abbiamo imparato che in campagna la gente si cura ancora con le piante, fa bene ed è anche gratis! L’aspirina? Perché comprarla? Basta la corteccia del Salice. Dalla Betulla, invece, si ricava un liquido denso come il miele, che cola, dopo aver inciso la corteccia, non ricordo a cosa serva, ma solo l’idea che si possa succhiare con una cannuccia la linfa di un albero mi fa impazzire!

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Dulcis in fundo, lungo la strada abbiamo incontrato due famiglie nomadi con carri e cavalli, sempre più raro di questi tempi.

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Ramiro Ortiz, il padre della lingua italiana in Romania.

ortiz fotoPiù di una volta mi sono trovata a passare, a Chieti,dalle mie parti, in via Ramiro Ortiz, per me un illustre sconosciuto fino a pochi mesi fa. Ma ritrovando molto spesso qui in Romania il suo nome, e sapendo in seguito che era nato proprio a Chieti, la curiosità mi ha spinto ad informarmi.

Dopo essermi procurata la Commemorazione del Tagliavini del Dicembre 1948, ben 23 pagine sulla sua vita e i suoi scritti, gentilmente fornitami  dall’Università di Padova (grazie Marco!), mi trovo di fronte ad una di quelle “microstorie” nell’ambito di un gran pezzo di storia che è l’interbellico, caratterizzato dall’avvento e dalla permanenza del Fascismo.

Ramiro Ortiz è stato un professore che ha diviso la sua vita e il suo insegnamento tra Italia e Romania, che considerava entrambe “Patrie”. Titolare della prima cattedra di Lingua e Letteratura Italiana all’Università di Bucarest  e ivi fondatore dell’Istituto di Italiano di Cultura. Autore del volume di letteratura comparata Per la Storia della Letteratura Italiana in Romania, che lui stesso ha definito un libro d’amore e non di erudizione, e dell’esegesi della Divina Commedia. Ma il suo merito maggiore è stato certamente quello di aver dato ai lettori italiani la prima traduzione completa del massimo poeta rumeno: Mihai Eminescu.

Nel 1933 torna definitivamente in Italia come ordinario di Filologia Romanza nell’ateneo di Padova, pur non avendo mai aderito al Partito (a quei tempi per ricoprire un incarico pubblico era necessaria la tessera), i suoi meriti hanno costituito un’eccezione.

E poi i suoi rapporti umani, con i suoi due assistenti, Alexandru Marcu, filonazista che lo succederà nella cattedra, e diventerà sottosegretario alla Propaganda durante il regime di Antonescu, e la giovane Nina Facon, sua prediletta ed ebrea.

carteggioIl rapporto con quest’ultima è ben reso nel Carteggio di Doina Condrea Derer, ovvero lo scambio epistolare avvenuto tra loro dal 1933 al 1941.

“Carteggio”, una forma letteraria praticamente estinta, uccisa dalla posta elettronica…

Tra loro un’amicizia delicata, piena di rispetto, ma che lascia intravedere il tenero sentimento nato tra il docente e la sua assistente.

E’commovente vedere come si scusa per l’aspetto conciso delle missive (anche quando non lo erano), usando il termine “telegrafico”, ricevo mail dove alcuni, se potessero, scriverebbero direttamente in Morse…

Un’amicizia durata tutta una vita, che ha conosciuto il dramma delle leggi razziali (la giovane era venuta a Padova come collaboratrice, ma dopo la promulgazione di tali leggi dovette andare via ), e che ha visto il triste epilogo della fucilazione di Alexandru Marcu nel carcere di Vacaresti, con il comunismo.

L’amore per la lingua italiana ha legato queste tre persone, una passione che la Facon ha ben trasmesso ad i suoi allievi, facendo loro conoscere i poeti della Resistenza come Pavese, Vittorini, Morante. Un concetto ben difficile da far comprendere a giovani che vivevano la resistenza in maniera quasi passiva in quegli anni in Romania.

21 Mara ChiritescuMara Chiritescu, è stata una di loro. Ora gestisce la libreria Pavesiana, alle spalle del palazzo della Securitate. Un circolo intellettuale in cui ci si occupa di far conoscere la nostra cultura letteraria attraverso incontri ed opere tradotte.

Un luogo davvero piacevole, dove intrattenersi per un caffè ,  fare due chiacchiere “eccellenti” con la titolare e conoscere le persone interessanti che sono solite frequentarla.

pavesiana pavesiana salotto

E proprio in occasione di una di queste conversazioni, la signora Mara  mi ha  ricordato  che durante il regime, la conoscenza di una lingua straniera era considerato un veicolo pericoloso, e non sempre la traduzione era consentita dalla censura.

il nome deIl Nome della Rosa, per esempio, tradotto da Florin Chiritescu, marito di Mara, per poter essere pubblicato, nell’84, ha richiesto la soppressione di tutti i riferimenti  alla Praga del ’68. E lei stessa ha scritto una lettera all’autore in cui chiedeva il consenso a  tale cancellazione, che naturalmente è stata accettata,  per avere l’opera tradotta anche in Rumeno.

Queste persone raccontano una vera passione per la lingua italiana…e volendo citare una frase proprio di Eminescu, tanto amato da Ortiz : “Le passioni abbassano, la passione eleva”.

 

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Curtea de Arges, a 160 km da Bucarest, è uno di quei luoghi non sufficientemente pubblicizzati sui siti turistici stranieri. Spesso si viene qui come base di partenza per la Tranfagarasan, ma in realtà meriterebbe una visita apposta.

E’ una delle città più antiche della Romania, succeduta a Campolung come capitale della Valacchia, anche se alcune controversie storiche basate su ritrovamenti archeologici, affermano il contrario.

Uno dei primi  monumenti che si incontrano entrando nella cittadina è la Biserica Domneasca (Chiesa Principesca), edificata a metà del 1300 da Basarab, principe della Valacchia  che  riuscì  ad  uscire  dal  ruolo  di  vassallo  ungherese, conquistando   l’indipendenza della regione.

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Dedicata a S.Nicola, quello che c’è di particolare riguarda gli affreschi che si trovano all’interno. Uno raffigura la “crocifissione di San Pietro”, che come nell’immagine del Caravaggio (del 1600), appare a testa in giù, per volere del martire stesso in segno di umiltà nei confronti di Cristo, come racconta Origene nella sua interpretazione delle Sacre Scritture.

maria inL’altro affresco che colpisce è l’ immagine della Vergine gravida, cosa che non si vede molto spesso nelle immagini sacre. Dare una forma  così umana, che sottintende l’aspetto terreno nonchè una certa sessualità, non è mai stato facile. Di solito nelle rare iconografie a riguardo, si è cercato di ovviare disegnando un libro (Antico Testamento)poggiato sul grembo, o altri simboli per esaltare l’ultraterrenità. Qualcuno ipotizza che tali rappresentazioni fossero addirittura dichiarate eretiche.

Poco distante, all’interno di un parco, l’impressionante Monastero (Chiesa Episcopale), in stile bizantino, fatto costruire nel 1514 da Neagoe Basarab, con marmi e mosaici provenienti da Costantinopoli.

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manolo All’edificazione di questa chiesa è legata la leggenda di Mastro Manolo, una ballata popolare diventata in seguito anche una celebre piecè teatrale ad opera del drammaturgo Lucian Blaga.  Essa narra  che questo monastero, fu costruito da 10 operai guidati da Mastro Manolo che vi murò sua moglie , viva,  come sacrificio supremo per la  creazione di un’opera unica ed irripetibile.

All’interno vi sono le tombe dei regnanti Carol I ed Elisabeta, e Ferdinando e Maria, di quest’ultima,si narra che abbia espresso il desiderio di vedere il suo cuore, racchiuso in uno scrigno d’oro, nella sua amata Balcic (prima che questa venisse ceduta alla Bulgaria).

Dietro il Monastero, nella Cappella, si trovano le spoglie di Sfanta Filofteia, la santa bambina amata da molti pellegrini che giungono da tutta la Romania a renderle omaggio.

Prima di ripartire, previa pausa in uno dei ristoranti sul viale principale, (il Restaurant Domnesc fa un’ottima pizza nel forno a legna), occorre fare una visita all’antica Stazione (Gara) Reale.

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Chiamata così perchè fatta costruire da Carol I, è una delle più belle della Romania, non a caso l’architetto che l’ha progettata è il nostro Giulio Magni, molto attivo, nel secolo scorso, in questa nazione. Nipote di Valadier (quello della casina),  vanta tra le sue opere il Ministero della Marina Militare di Roma e la collaborazione con Sacconi per la costruzione del Vittoriano.

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Al momento è inutilizzata, e piuttosto abbandonata, ma è possibile vedere attraverso i vetri gli interni, completamente in legno tipici delle stazioni di quell’epoca.

Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

il popolo degli zingari

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Alcune persone li amano, sono affascinati dall’aura di mistero e magia che li circonda; altre li disprezzano, ma questo non sembra turbare i Rrom che da secoli vivono una vita tutta loro.

Căldărari, Ursari, Lăutari, Florari,  sono alcuni dei nomi con cui vengono chiamati gli zingari in Romania. Nomi di vecchi mestieri, alcuni dei quali ancora esistenti, che permettono una vita rispettabile nel XXI secolo, svolgendo professioni che hanno sapore di Medioevo.

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I Căldărari lavorano i metalli (rame, ottone, alluminio) fanno le coperture dei tetti e le pentole. I Florari si occupano della vendita dei fiori, hanno praticamente il monopolio. Gli Ursari, erano domatori  di orsi, li facevano danzare a suon di musica alle fiere di paese. Oggi non ci sono più, ma essendo stati anche dei musicisti sono sopravvissuti nei Lăutari. Non c’è festa, matrimonio, compleanno, battesimo, soprattutto nelle campagne,  senza un gruppo di Lăutari che suoni le Manele, musica popolare con influenze orientali. Il gruppo più famoso anche all’estero, grazie a Johnny Depp, è quello dei Taraf de Haïdouks; in Romania invece, vanno forte Adrian Minune e Florin Salam.

DSC_7056-bf72rhai,02-bf72rhai,04---DSCN3545brTaraf de Haïdouks

Tutti sono zingari, o rrom, che nella loro lingua vuole dire “uomo”.

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Appartenevano a un popolo nomade arrivato in Europa al seguito dei Mongoli. La maggior parte degli storici li fa risalire a una tribù del Nord dell’India, la loro lingua (il Romani, e 17 dialetti) ha parole simili al Bengali e al Sanscrito. In Romania sono arrivati agli inizi del 1200,  alcuni di loro hanno mantenuto la vita nomade (Caldarari, Ursari, Gheambaşi…) e pagavano un tributo ai Boiardi (nobili), altri sono diventati sedentari e schiavi. Facevano parte delle proprietà delle famiglie nobili, la loro situazione non era diversa da quella degli schiavi neri in America. Svolgevano tutte le mansioni di casa, badavano agli animali e ai campi, venivano comprati, venduti, puniti e uccisi.

La schiavitù venne abolita nell’Ottocento, ma la libertà non li ha portati lontano. La vita che conducevano ai margini della società li ha relegati a cittadini di seconda categoria. Durante il Comunismo si è cercato di integrarli nella popolazione, avevano casa e lavoro, ma la caduta del regime, il disfacimento dell’apparato statale, la chiusura delle fabbriche e la privatizzazione, li ha riportati al gradino più basso della società.

Non tutti se la cavano male, ma per loro non è facile trovare lavoro. Alcuni sono ricchissimi, vivono in palazzi faraonici e si coprono d’oro; altri vivono in baracche senza luce né acqua corrente.

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Poco amati anche in patria, dove i più si arrabattano per un’ esistenza in povertà, continuano a fare molti figli che spesso, per le precarie condizioni in cui vive la famiglia, vengono affidati agli orfanotrofi. I ragazzi si sposano giovani, di solito sotto i vent’anni. Molti non vanno a scuola e si precludono un possibile futuro migliore. Se trovano lavoro è qualcosa che nessun altro vuol fare: spazzini, uomini di fatica….con paghe molto basse.

Ma c’è anche chi se la cava bene, quelli  che lavorano il legno, i metalli, i muratori, i musicisti o che svolgono altri lavori artigianali. La Romania è legata alle tradizioni, e per questi mestieri c’è ancora spazio. Così come c’è ancora spazio per la vita nomade. Carro e cavalli, il carro diviso in due: nella parte superiore su un materasso viaggia e dorme l’intera famiglia; sotto: utensili, legna da ardere, pentole e catini, qualche volta le galline. Per le vallate della Transilvania, soprattutto d’estate, si vedono passare piccole carovane con uomini, donne, bambini, che sembrano arrivare dalle steppe dell’Asia.

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Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest o della Romania può contattare Ursula

A settembre si tiene un festival zingaro.

Lipscani

652x450_020919-lipscani23Bucarest cosmopolita, Bucarest superficiale, Bucarest corrotta, veloce, audace, demolita, ricostruita, cadente, polverosa, moderna, e ancora tanti altri aggettivi, tutti veritieri. Spesso chi ci abita si trova a discutere dei molti aspetti di questa città. Si discute sullo stile di vita, sul sistema fiscale (di gran lunga più vantaggioso di quello italiano), sul colore dell’acqua che esce dai rubinetti, sulle possibilità che offre o non offre, e i punti di vista possono essere molto differenti. Ma su una cosa ci si trova tutti d’accordo, quando alla sera si decide di andare a Lipscani, un luogo che placa ogni controversia.Si tratta del centro storico della città, dove intorno alle mura dell’antica corte principesca fatta erigere da Vlad Tepes, si sviluppa un’isola pedonale che non conosce tregua.

Il nome Lipscani viene dato nel 1750, perchè molti dei mercanti venivano da Lipsia a vendere tessuti ed altri prodotti, creando un fulcro commerciale ed artigianale. Ancora oggi le strade portano il nome dei negozi che le caratterizzavano : Blanari (dei pellicciai), Selari (dei sellai), Gabroveni (dei fabbricanti di coltelli), Sepcari (cappellai), Zarafi (dei cambiavalute), Postei (delle Poste).

2012-04-10-hanul-lui-manucQuattro locande (Hanul), ancora esistenti, ospitavano i viandanti, ma di queste solo una ha conservato l’aspetto originario di caravanserraglio, si tratta di Hanul Manuc , con una grande corte che serviva ad ospitare i cavalli con le stanze numerate “a ringhiera”. All’interno si trovano ora un ristorante libanese e Starbucks.

Negli anni del comunismo Lipscani ha subito un forte degrado, nei piani urbanistici del Conducator c’era la demolizione del quartiere in favore delle solite grosse colate di cemento, ma fortunatamente non ne ha avuto il tempo. Pur continuando ad esserci esercizi e magazzini (vuoti), il genere che più andava era la categoria Consignatia, una specie di Banco dei Pegni. Questo tipo di bottega costituiva l’unica possibilità di comprare (previa coda di ore) merce proveniente dall’occidente come jeans, scarpe e cosmetici. Era consuetudine, ricevere, per chi aveva parenti all’estero, i celeberrimi pachete di roba occidentale. Quello che non interessava al destinatario veniva appunto offerto al mercato con questo sistema.Oggi, in questa area, all’alternarsi dei soliti brand di cui l’Europa è piena, continuano ad esserci piccoli negozi antiquari,di souvenir, di abiti da sposa, calzature,ecc. Ma lo shopping non è il motivo per passeggiare a Lipscani.

Qui si viene a respirare il buonumore! Le strade che  si intersecano sono  piene di gente e di locali, e ce n’è per tutti i gusti.

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Dal Caru cu Bere (il ristorante più antico , si deve provare lo stinco), alla pizza più buona di Bucarest, Il Peccato. Dal turco Divan (che offre danza del ventre mentre si cena), al greco Meze per ascoltare il bouzouki.

E ancora pub irlandesi, ristoranti tipici rumeni, sushi,  la Cremeria Emilia (un ottimo gelato al pistacchio), per terminare con i Covrigi (Bretzel) e Gogoasi (pizza fritta), il tipico cibo “da strada”.

lip by nightE la notte? Appena passata la mezzanotte inizia la Lipscani by night. I locali si trasformano in discoteche, e la gente si moltiplica. Vi è l’imbarazzo della scelta, e se si considera che non esiste il biglietto di ingresso, si pagano solo i cocktail (media 5 euro), si fa allora il classico tour che termina alle luci dell’alba.

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Si scende nei  seminterrati come il Beluga, si sale con l’ascensore come al Nomad Sky Bar, o si attraversa  il Pasajul  Macca-Villacrosse (galleria tra due palazzi con tetto in vetro, per avventori di narghilè).

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Insomma, è uno scenario che lascia piacevolmente frastornati e che nessuno si aspetta di trovare a Bucarest, nella “triste Romania”, una Romania che in questo momento storico di crisi per il resto d’Europa, sta andando controcorrente e sta crescendo…

E’questo il motivo per cui dico che fare un giro qui serve al buonumore, è bello vedere  nuove  attività commerciali  che aprono, quando torno in Italia vedo locali che chiudono….

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Un caffè…dai nonni.

Il caffè è sempre un piacere. Per fare due chiacchiere oppure per starsene da soli ad osservare la gente, anche questo è un modo per capire il luogo in cui ci si trova.
Bucarest offre una serie interminabile di caffetterie. Tralascio volutamente il gigante americano che detiene il primato della brodaglia servita alla temperatura di fusione del piombo, e versata in bidoni di carta…Ma che tanto piace ai ragazzi rumeni, come del resto a quelli italiani tanto da essere una delle prime cose che cercano quando vanno all’estero, insieme all’Hard Rock Cafè….

Ogni caffetteria qui ha una sua particolarità, può avere uno stile tutto italiano,come Pascucci, se si ha voglia di vero “vetrino”, scandinavo come Frudisiac,dove si sta tutti intorno  ad  un  grande  tavolo , o  immersi  tra  gli  alberi,  come succede  nel  giardino  dell’ Eden(una foresta). Ma tutti in comune hanno una cosa:ci si siede, per forza! Il concetto del caffè veloce e del bancone lo dobbiamo lasciare in Italia. E’questo il motivo per cui potrebbe inizialmente sembrare caro, visto che può arrivare a costare fino a due euro, (molto se si considera che per un pranzo si spende poco più del doppio, se si opta per il menù del giorno, meniul zilei). Ma se si considera che viene servito al tavolo…scappa anche la mancia.

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Tra tutti, uno dei più suggestivi è il Camera Din Fata, che letteralmente significa “camera anteriore”, ovvero il soggiorno. E’ un ambiente davvero particolare e d’altri tempi.
Si trova in prossimità della Piazza Amzei, una delle piazze più nevralgiche della città. Qui c’è il mercato, della frutta e dei fiori, le poste, una serie di ristoranti e bistrot, pasticceria francese, salumeria catalana, angolo pizza (che non manca mai),farmacie naturiste, supermercati ed altri negozi.
Intorno molti dei palazzi più belli e che raccontano la storia di chi li abitava, come quello di Mita Biciclista, nome dato all’eccentrica Maria Mihăescu, l’unica donna che agli inizi del ‘900 andava in bicicletta, andava al mare in bikini, guidava una coupè, insomma un’anticonformista, in realtà pare facesse anche dell’altro, una vera cortigiana.
Il proprietario della caffetteria ha voluto ricreare l’ambiente in cui era solito vedere i suoi nonni quando lui era bambino. Ovvero il soggiorno in cui il nonno leggeva il giornale e la nonna faceva l’uncinetto, con sul tavolo la fumante tazza di tè o caffè.

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Quindi, mobili d’altri tempi, l’appendiabiti vintage a parete con il portaombrelli, tavoli con alla base vecchie Singer, centrini realizzati all’uncinetto, vecchie foto. Veramente un luogo caldo ed accogliente, dove oltre ad una vasta serie di tè e caffè, vengono proposti dolci semplici, e fatti in casa.Torte di mele o al cioccolato, i classici dolci che facevano le nonne.

tortaAltro dettaglio carino, il menù, stampato come un giornale e messo lì, sul tavolo.
Insomma tutto riporta indietro nel tempo, un tempo non tanto lontano per quelli della mia generazione.
Prima di andarsene è bene fare una visita alla toilette, nulla è stato lasciato al caso, la tavoletta è nera, come quelle di una volta, non se ne vedono più così da almeno trent’ anni.