In questi giorni, 29 anni fa, finiva la dittatura comunista, ancora viva nelle nostre memorie per la sua vicinanza temporale, ma nello stesso tempo lontanissima.
In un trentennio nulla è stato fatto per i crimini avvenuti durante tutto quel periodo che nessuno vuole ricordare.
Ogni volta che si commemorano le vittime dell’Olocausto viene spontaneo chiedersi perchè le vittime dell’Olocausto comunista siano cadute nell’oblio. Non è una questione di visione politica ma una constatazione. Solo in Romania ci sono stati più di 2 milioni di perseguitati politici, circa 600.000 arrestati e condannati, e circa 200.000 deportati. In proporzione alla popolazione un numero maggiore che nell’ex Unione Sovietica.
Ora, vivendo in questo paese, ci siamo domandate tante volte come mai la gente parlasse poco del passato. Noi siamo cresciuti coi nonni che ci raccontavano spesso della guerra, le nuove generazioni romene invece, hanno nonni che non vogliono ricordare.
Gli anni della dittatura comunista sono stati tanti, duri, e hanno condizionato la vita della maggior parte delle persone.
I sistemi usati dal regime erano della stessa crudeltà, disumanità e brutalità di quelli nazisti.
Tanto per citarne uno, il “fenomeno Pitesti” (penitenziario a 80 km da Bucarest), è stato un capolavoro di barbarie. Un esperimento atto a rieducare gli individui attraverso la distruzione psichica sul modello di Anton Makarenko, pedagogista russo.
La rieducazione del” nemico dello stato” avveniva in 4 fasi durante le quali il detenuto rinunciava e denunciava la vita passata, smascherava complici, compresi i famigliari, segnalava i carcerieri più compassionevoli (per eliminarli dal personale carcerario) e rinnegava la fede religiosa.
La “correzione” era regolata da torture indicibili e ininterrotte, come il battesimo (waterboarding!) giornaliero negli escrementi, o l’obbligo di mangiare una gavetta di feci e, dopo aver vomitato, essere costretti a ringoiare tutto.
Ogni vittima poteva salvarsi solo diventando a sua volta carnefice.
Il regista di tutte le operazioni del carcere di Piteşti era un ex Guardia di ferro (braccio armato del movimento fascista romeno) Eugen Ţurcanu, all’epoca ventiquattrenne.
A questo punto ci sembra doveroso segnalare l’interessante libro di Guido Barella “La tortura del silenzio”, ed. San Paolo.
Il libro narra dei crimini del comunismo e del motivo del silenzio delle vittime. Nessuno uscito da un lager romeno poteva o voleva parlarne.
Nato dall’incontro del giornalista con Marius Oprea, il testo dà voce a quest’ultimo, archeologo, dissidente ai tempi di Ceauşescu, molto conosciuto in Romania per le sue inchieste. Fondatore dell’Istituto di ricerca sui crimini del comunismo, da circa vent’anni setaccia i villaggi alla ricerca dei resti delle vittime della Securitate e dà loro, dopo un quarto di secolo, degna sepoltura. Per questo è stato ribattezzato il Wiesenthal romeno e per la sua febbrile perseveranza si è messo contro qualche politico attuale. Diciamolo, i genitori di chi comanda oggi sono coloro che comandavano ieri, è questo motivo per cui risulta assai difficile indagare fino in fondo. Asta-i Romania !
Chi fosse interessato a visite guidate di Bucarest, il periodo comunista, o della Romania può contattare Ursula.